Cig, assegni a singhiozzo: ritardi anche di cinque mesi

Cig, assegni a singhiozzo: ritardi anche di cinque mesi
Il numero, 600mila, lo ha stimato il quotidiano Italia Oggi. E, conferma Guglielmo Loy, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, è sostanzialmente...

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Il numero, 600mila, lo ha stimato il quotidiano Italia Oggi. E, conferma Guglielmo Loy, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, è sostanzialmente vicino alla realtà. Perché, spiega il segretario confederale Uil, «il problema dei lavoratori che continuano ad attendere mesi (cinque, ma è una media, ndr) prima di ricevere l'assegno di Cassa integrazione è ormai noto e ricorrente». Si verifica ogni volta che (e ormai anche questa è una costante) si registra uno sfasamento tra le ore di Cig autorizzate e quelle effettivamente consumate (il cosiddetto tiraggio). Lo scarto è la conseguenza delle valutazioni che un'azienda pianifica nella programmazione della sua attività dopo periodi di fermo o di crisi: si può ripartire prima del previsto o più tardi, in altre parole, calcolando a monte più o meno Cig per i dipendenti. Di fatto però l'Inps è costretta a sospendere i pagamenti a suo tempo disposti e a coinvolgere la Ragioneria generale dello Stato che ovviamente deve riesaminare le pratiche, verificarne la congruità e disporre i nuovi pagamenti. Morale: tempi di attesa per i lavoratori da tre mesi a salire senza peraltro che nessuna norma di legge sia stata violata da alcuno dei soggetti istituzionali in campo.

Dice Loy: «Periodicamente, quasi ogni tre mesi, assistiamo a picchi di erogazione del trattamento integrativo che non hanno nulla a che vedere con situazioni particolari, che non provengono cioè da crisi o da improvvise emergenze occupazionali. Sono l'accumulo di precedenti sospensioni dei trattamenti dovute al fatto che la Ragioneria generale dello Stato ha tempi di verifica e di monitoraggio più lenti dovendo tenere sotto controllo con la massima attenzione ogni rivolo della spesa pubblica». Secondo il ministero dell'Economia, però, la Ragioneria Generale dello Stato non ha bloccato né ritardato in alcun modo il trasferimento delle somme da destinare alla quota di integrazioni salariali finanziata dallo Stato per il 2021. Tali somme, determinate sulla base delle relazioni tecniche redatte da Inps e ministero del Lavoro, sono parametrate alla previsione degli effettivi utilizzi. 

Nel mirino finirebbe insomma la farraginosità della contabilità pubblica che in tempi di Covid e di tentativi di ripartenza pesa doppiamente sulle spalle dei lavoratori. Ai due mesi previsti in media per l'istruttoria e le procedure di autorizzazione delle ore di Cig, bisogna infatti aggiungerne almeno un altro ogni volta che si manifesta una differenza tra la Cig chiesta e quella consumata. «A questo punto un pizzico di flessibilità in più sarebbe opportuno visto che il tema non riguarda la credibilità dell'ammortizzatore sociale ma il sistema contabile», propone Loy. E chiarisce: «Quando si accumulano le mancate autorizzazioni al trattamento integrativo, a pagarne le conseguenze sono solo i lavoratori. Eppure, ormai è evidente che il differenziale tra le ore autorizzate e quelle consumate è alto. Finché la questione, come nel caso delle ore di Cig ordinaria, era in capo solo all'Inps non c'è stato alcun problema perché le risorse dell'Istituto hanno sempre e direttamente garantito i pagamenti. Ma con la contabilità dello Stato è diverso: ecco perché evitare la rigidità applicativa delle norme servirebbe». 

Ma chi sono i lavoratori che continuano ad aspettare più del lecito per avere la Cig? Appartengono soprattutto ai servizi ma resistono anche altre sacche di lavoratori in attesa. Sono quelli che dovrebbero beneficiare del Fis, il Fondo di integrazione salariale, che sostiene i dipendenti di aziende che operano in settori non coperti dalle norme sulla Cig. Si tratta per lo più di aziende piccolissime, parcellizzate, soprattutto del turismo e della ristorazione, che non anticipano la Cig non avendo la liquidità necessaria per farlo. Il Fis ha meno solvibilità rispetto al fondo che garantisce la Cig e questo complica ulteriormente le cose. «Ma nei nostri studi sono ancora aperte non poche pratiche di Cassa integrazione non ancora erogata, soprattutto per quella in deroga: la Regione Campania ci ripete spesso che non riceve tempestivamente gli accrediti dal ministero delle Finanze ma in altri casi i ritardi riguardano importi nemmeno rilevanti la cui liquidazione non dovrebbe comportare ritardi particolari», dice Enrico Guerra, dottore commercialista campano.

È la dimostrazione, probabilmente non isolata, di quanto sia stato e resti comunque difficile per lo Stato e per l'Inps in particolare gestire l'emergenza imposta dal Covid. Nonostante la cessazione a fine giugno della cassa Covid, il mese di luglio 2021 ha chiuso con 198 milioni di ore autorizzate, come ricorda l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano che monitora mensilmente l'andamento della Cig attraverso Lavoro&Welfare: «Pur considerando la diminuzione delle ore ha detto Damiano intervistato dall'Avvenire - dal primo gennaio di quest'anno è come se fossero collocati a zero ore 1,8 milioni di lavoratori. Calcolando questa cifra sulla base del tiraggio (cioè del consumo reale) delle ore dichiarato dall'Inps, che è di poco superiore al 42%, è come se nei primi sette mesi dell'anno fossero rimasti effettivamente fuori dalla produzione circa 766mila lavoratori».

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Il Mattino