Coronavirus, la beffa degli aiuti mai arrivati: due milioni di italiani senza un euro

Coronavirus, la beffa degli aiuti mai arrivati: due milioni di italiani senza un euro
Ci sono sempre loro, i lavoratori in Cassa integrazione in deroga, in cima alla lista di quelli che aspettano. Non da soli, per la verità, ma è un'amara...

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Ci sono sempre loro, i lavoratori in Cassa integrazione in deroga, in cima alla lista di quelli che aspettano. Non da soli, per la verità, ma è un'amara consolazione sapere di far parte di un esercito di 1,8 milioni di persone che tra Cig ordinaria e altri ammortizzatori sociali non hanno ancora visto il becco di un euro a distanza ormai di quasi 90 giorni dal primo provvedimento straordinario del governo, il decreto Cura Italia. Un lavoratore su quattro della platea di potenziali beneficiari, sicuramente tanti, troppi, quasi tutti a basso reddito, come scrivono i sindacati in una lettera al ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, anche se da marzo a oggi, ma soprattutto da fine aprile, lo scenario è migliorato. Come quello relativo all'erogazione dei prestiti alle imprese: ma qui la situazione resta ancora molto fluida, condizionata dalla cautela delle banche, dalla sfiducia degli imprenditori e dalle sempre più preoccupanti incognite per la ripresa. Ma ecco i il dettaglio.


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I numeri ufficiali, aggiornati al 25 maggio, parlano di 4,1 milioni di lavoratori coperti dall'anticipo della Cig da parte delle loro aziende su un totale di circa 8 milioni di beneficiari. Dei rimanenti, l'Inps (che conguaglia comunque lanticipo delle aziende) ha pagato direttamente altri 2,1 milioni di lavoratori: all'appello mancano dunque 1,8 milioni di aventi diritto anche se l'Istituto ne conteggia per così dire solo 800mila circa, quelli cioè per i quali c'è già l'ok all'accoglimento dell'istanza ma non ancora l'erogazione vera e propria dell'assegno. Tra chi aspetta, come detto, la quota maggiore comprende i destinatari della Cassa in deroga, chiesta per circa 1,4 milioni di lavoratori, autorizzata per circa l'84% delle domande ma pagata finora solo alla metà, poco più di 674mila persone. Si è data la colpa alle Regioni (non tutte, peraltro) per i ritardi nell'istruttoria delle pratiche: ma in realtà anche con i nuovi provvedimenti adottati dal governo la situazione rischia di non migliorare. Al di là dei dubbi sull'opportunità di anticipare solo il 40% ai lavoratori a partire dall'assegno di maggio, sono in molti a temere un buco quando le aziende, terminate le prime 9 settimane di Cig, ne richiederanno altre 5 che vanno fruite entro fine agosto. A quel punto, avendo iniziato la Cig a metà marzo e avendola conclusa a metà giugno, l'impresa dovrà attendere settembre per l'ulteriore richiesta di proroga, con il rischio che i suoi dipendenti se non riparte l'attività lavorativa saranno senza rete di tutele.
 
Il Fondo d'integrazione salariale, destinato soprattutto ai lavoratori di turismo, commercio e servizi, è stato versato dall'Inps a circa 500mila lavoratori su una platea di 2,5 milioni di addetti (ma non è noto quante aziende lo abbiano anticipato). Di sicuro, come sottolineato dall'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, «40mila stagionali del turismo, non coperti dal bonus dei 600 euro perché assunti con contratto a tempo determinato e non con quello stagionale, si sono visti finora respingere le domande. La revisione avviata dall'Inps potrebbe risolvere la questione». Sono invece sul piede di guerra i circa 500mila professionisti che rischiavano di non avere più il bonus da 600 euro per aprile e maggio pur avendolo percepito a marzo: la ministra Catalfo ha annunciato un decreto interministeriale per coprire anche le altre due mensilità ma intanto il governo non sembra disposto a permettere agli almeno 150mila professionisti iscritti alle casse di previdenza private (i cosiddetti ordinistici) di accedere al contributo a fondo perduto previsto per le imprese in crisi. Il 4 giugno ci saranno gli stati generali degli Ordini, tira aria di sciopero.

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Se le moratorie sulle rate dei mutui procedono in linea di massima senza grossi intoppi (era del resto un'attività che le banche svolgevano anche prima del Covid-19), resta ancora contenuta la domanda di prestiti garantiti da parte delle imprese. Secondo i dati di Bankitalia aggiornati al 18 maggio, le richieste di ammissioni pervenute al Fondo centrale di garanzia erano 300mila soprattutto per via delle domande sui 25mila euro, per un importo dei finanziamenti pari a 13,1 miliardi. Per la garanzia Sace, invece, partita dopo e destinata alle imprese con fatturati più alti, sono state finora avviate 250 istruttorie per 18,5 miliardi di finanziamento. Vale la pena di ricordare però che la platea di imprese interessate almeno potenzialmente ai prestiti con garanzie è compresa tra i 2 e i 2,5 milioni di unità. Lo scarto è troppo vistoso per non chiedersi perché.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino