Gli ultimi che non saranno mai primi vivono in Sardegna. Sono i 277 lavoratori che appena quattro giorni fa, a quasi due mesi dal decreto Cura Italia del 17 marzo, hanno avuto sul...
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«È la dimostrazione che il nostro allarme non era affatto infondato: chi non becca un euro da fine febbraio perché non può più lavorare, rischia di vedere l’accredito della Cig in deroga solo a fine maggio» dicono alla Federazione dei Consulenti del Lavoro. Un errore, come ormai dicono tutti, avere complicato il percorso, con il doppio passaggio Regioni-Inps. Nel prossimo decreto, con le misure del “rilancio”, il governo dovrebbe cambiare strada e disporre la necessaria semplificazione della procedura. Ma intanto è l’ora delle polemiche tra l’istituto di previdenza e le Regioni: «I rallentamenti non sono colpa nostra» hanno messo a verbale i governatori l’altro giorno durante la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, presieduta da Stefano Bonaccini, replicando ai rilievi del presidente Inps Pasquale Tridico. I ritardi «sono imputabili ad un meccanismo che si fonda su regole previste per situazioni ordinarie e che pertanto comporta tempi non conciliabili con una situazione di emergenza e straordinarietà come quella che stiamo vivendo».
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Che le Regioni si siano mosse in ordine sparso però è un dato di fatto. E che alcune, come Campania, Lazio e Marche, abbiano mostrato una marcia in più sin dall’inizio è altrettanto certo. Il 7 maggio, ad esempio, la Campania ha approvato il settimo elenco di istanze per accedere alla Cigd portando il totale a 51.801. Al 4 maggio, però, a poco meno di un mese cioè dal primo invio, delle 29.842 domande già decretate dalla Regione, ne erano state autorizzate dall’Inps poco più di 18mila, e quelle pagate erano appena 4.794 per 10.279 beneficiari. Le cose vanno un po’ meglio per la Cassa integrazione ordinaria che insieme all’Assegno ordinario coinvolge una platea di oltre 8 milioni di persone. Delle 364.694 domande pervenute dalle aziende, ne sono state autorizzate oltre 307mila (al 4 maggio). Nel “decreto rilancio” il governo punta a spendere altri 13 miliardi per prorogare la Cassa fino al 31 ottobre: la copertura varrà (salvo smentite) anche per i lavoratori con contratti a termine in scadenza in questo periodo e la cui interruzione dell’attività lavorative è sempre riferibile all’emergenza sanitaria.
Più azzardato prevedere come e se cambierà il bonus da 600 euro che è stato erogato a oltre 3,7 milioni di aventi diritto, per lo più lavoratori autonomi (un altro milione di aspiranti si è visto respingere la domanda). Si parla di aumenti fino a 800 o mille euro per alcune tipologie di lavoratori, ma al momento restano solo ipotesi in attesa di conoscere il testo del decreto. Sono in tanti però a chiedersi se sia stato giusto equiparare ai 600 euro tutti i beneficiari, a prescindere dai livelli di reddito raggiunti nel 2019 con la loro attività. Per non parlare della denuncia dell’Aiga, l’Associazione dei giovani avvocati: i professionisti più à giovani, per lo più a partita Iva, che avevano ottenuto il bonus si sono visti ridurre il compenso mensile o in alcuni casi sarebbero stati licenziati. La stessa sorte sarebbe toccata a giovani architetti o ingegneri.
Il Mattino