Coronavirus e Cig in ritardo, il rischio: assegni solo a fine maggio

Coronavirus e Cig in ritardo, il rischio: assegni solo a fine maggio
di Nando Santonastaso
Venerdì 8 Maggio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 9 Maggio, 16:13
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Gli ultimi che non saranno mai primi vivono in Sardegna. Sono i 277 lavoratori che appena quattro giorni fa, a quasi due mesi dal decreto Cura Italia del 17 marzo, hanno avuto sul conto corrente l’accredito del pagamento della Cassa integrazione in deroga relativa a marzo. Chissà quanti di essi hanno chiesto lumi ai call center dell’Inps come i tanti colleghi di ogni parte d’Italia, preoccupati o disperati come raccontato ieri dal Mattino per il protrarsi della loro nuova, imprevista precarietà. Di sicuro fanno notizia perché prima di loro nell’isola nessuno era stato altrettanto fortunato. Un’anomalia, un’eccezione alla regola? Tutt’altro. I tempi di erogazione della Cig in deroga restano la grande incognita tra le misure varate dal governo a seguito dell’emergenza sanitaria. Dai dati aggiornati proprio ieri dall’Inps si conferma che su 289.323 domande inoltrate dalle Regioni (che fanno l’istruttoria preliminare) ne sono state autorizzate 186.241, e di queste solo 50.910 sono state pagate ad una platea di 107.323 beneficiari. 

«È la dimostrazione che il nostro allarme non era affatto infondato: chi non becca un euro da fine febbraio perché non può più lavorare, rischia di vedere l’accredito della Cig in deroga solo a fine maggio» dicono alla Federazione dei Consulenti del Lavoro. Un errore, come ormai dicono tutti, avere complicato il percorso, con il doppio passaggio Regioni-Inps. Nel prossimo decreto, con le misure del “rilancio”, il governo dovrebbe cambiare strada e disporre la necessaria semplificazione della procedura. Ma intanto è l’ora delle polemiche tra l’istituto di previdenza e le Regioni: «I rallentamenti non sono colpa nostra» hanno messo a verbale i governatori l’altro giorno durante la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, presieduta da Stefano Bonaccini, replicando ai rilievi del presidente Inps Pasquale Tridico. I ritardi «sono imputabili ad un meccanismo che si fonda su regole previste per situazioni ordinarie e che pertanto comporta tempi non conciliabili con una situazione di emergenza e straordinarietà come quella che stiamo vivendo». 

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Che le Regioni si siano mosse in ordine sparso però è un dato di fatto. E che alcune, come Campania, Lazio e Marche, abbiano mostrato una marcia in più sin dall’inizio è altrettanto certo. Il 7 maggio, ad esempio, la Campania ha approvato il settimo elenco di istanze per accedere alla Cigd portando il totale a 51.801. Al 4 maggio, però, a poco meno di un mese cioè dal primo invio, delle 29.842 domande già decretate dalla Regione, ne erano state autorizzate dall’Inps poco più di 18mila, e quelle pagate erano appena 4.794 per 10.279 beneficiari. Le cose vanno un po’ meglio per la Cassa integrazione ordinaria che insieme all’Assegno ordinario coinvolge una platea di oltre 8 milioni di persone. Delle 364.694 domande pervenute dalle aziende, ne sono state autorizzate oltre 307mila (al 4 maggio). Nel “decreto rilancio” il governo punta a spendere altri 13 miliardi per prorogare la Cassa fino al 31 ottobre: la copertura varrà (salvo smentite) anche per i lavoratori con contratti a termine in scadenza in questo periodo e la cui interruzione dell’attività lavorative è sempre riferibile all’emergenza sanitaria.
Più azzardato prevedere come e se cambierà il bonus da 600 euro che è stato erogato a oltre 3,7 milioni di aventi diritto, per lo più lavoratori autonomi (un altro milione di aspiranti si è visto respingere la domanda). Si parla di aumenti fino a 800 o mille euro per alcune tipologie di lavoratori, ma al momento restano solo ipotesi in attesa di conoscere il testo del decreto. Sono in tanti però a chiedersi se sia stato giusto equiparare ai 600 euro tutti i beneficiari, a prescindere dai livelli di reddito raggiunti nel 2019 con la loro attività. Per non parlare della denuncia dell’Aiga, l’Associazione dei giovani avvocati: i professionisti più à giovani, per lo più a partita Iva, che avevano ottenuto il bonus si sono visti ridurre il compenso mensile o in alcuni casi sarebbero stati licenziati. La stessa sorte sarebbe toccata a giovani architetti o ingegneri. 
 

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