Chi conosce Giovanni Castellucci, ad di Atlantia, la società che controlla Autostrade, sa bene quanto sia duro, puntiglioso e perfezionista. Con se stesso e con gli altri....
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Dal primo istante, da quando alla vigilia di Ferragosto, è squillato il cellulare che ha portato la terribile notizia della tragedia di Genova, Castellucci ha capito la gravità di quanto accaduto e avvertito il peso della responsabilità, delle cose da fare e da capire, delle risposte da dare e dei dubbi da chiarire a tutti e a se stesso. Così ha provato a trasformare la commozione profonda, nascosta, celata anche ai suoi più stretti collaboratori, in qualcosa di positivo. Bianco in volto, senza quasi dire una parola, è partito per Genova, lasciando la famiglia appena raggiunta nella casa delle vacanze in Toscana. Una borsetta con poche cose, il necessario per stare fuori. A poche ore dal disastro era ai piedi del ponte crollato, quasi incredulo di fronte all'ammasso di macerie bagnate dalla pioggia, al dolore, ai lampeggianti delle ambulanze. Nel frattempo, telefonate su telefonate con i suoi collaboratori, con il responsabile del tronco, Stefano Marigliani, con le autorità locali per capire e coordinare i lavoro.
Castellucci non ha più lasciato Genova ed i suoi, ad eccezione di una mezza giornata a Milano, venerdì, per mettere a fuoco il piano di interventi annunciati ieri. Mezzo miliardo per le famiglie delle vittime, gli sfollati, la mobilità, il nuovo ponte di acciaio. Il primo pensiero è stato quello di supportare al massimo le forze di polizia, la protezione civile e i vigili del foco nell'opera di recupero dei sopravvissuti. Martedì pomeriggio, poi mercoledì e giovedì si sono susseguiti gli incontri, riservati, con le istituzioni. Per studiare e mettere in campo una viabilità alternativa che consentisse alla città di rimanere viva, per ipotizzare soluzioni per la ricostruzione in tempi rapidi del viadotto. In 8 mesi, è l'obiettivo, dovrà sorgere il nuovo ponte in acciaio, le strade di collegamento con il porto. Forse, dicono i suoi collaboratori più stretti, tutto questo non è stato raccontato subito. Ma Castellucci è un ingegnere meccanico e l'approccio dell'ingegnere è quello che prima fa e poi lo dice. Un limite. Le scuse, arrivate solo ieri pomeriggio, hanno chiuso il cerchio, colmato una lacuna, un vuoto. Ma «siamo in piedi giorno e notte dal momento della tragedia», dice ai suoi manager, convinto che vale comunque più la concretezza della visibilità. Resta il dolore, immenso, per chi ha perso la vita, per chi non c'è più. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino