ROMA In attesa dell'incontro fra il premier italiano e la cancelliera, c'è un piccolo break nel duello Italia-Germania particolarmente caldo sul fronte emissioni....
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Ieri sono rimbalzate voci dalla Francia del possibile coinvolgimento di altri marchi dopo quelle del giorno precedente che riguardavano alcuni brand tedeschi. Finora nulla di così ufficiale da mettere qualcuno sul banco degli imputati. Fca, non coinvolta direttamente nella dura polemica Roma-Berlino, porta avanti il suo lavoro per cercare di chiarire la situazione soprattutto negli Stati Uniti dove non c'è il cuscinetto dei nostri omologatori e dove il dialogo con le agenzie (Epa e Carb) per ottenere il via libera dei modelli 2017 dei veicoli incriminati (Jeep Grand Cherokee e Ram 1500 con il V6 diesel) e sanare quelli già in circolazione per ridurre l'eventuale sanzione, devono essere portati avanti in prima persona dai tecnici di Fiat Chrysler. Ieri sono scesi in campo di nuovo i sindacati a totale difesa dell'operato dell'azienda: «Invitiamo il ministro Dobrindt a visitare Melfi».
L'impianto lucano è il gioiello tecnologico del made in Italy dove nascono due dei modelli messi sotto accusa da Berlino. Nel frattempo tecnici di varia estrazione spiegano mano mano il dettaglio delle complessive normative Ue confermando che le colpe più che dei costruttori sono delle regole stesse, troppo permissive e, soprattutto, con ampi margini di interpretazione.
Al di là del fatto di principio che si basa sulla fiducia reciproca (quindi noi rispettiamo il lavoro della Motorizzazione tedesca, in Germania devono fare altrettanto) il Mit difende il suo operato sostenendo che non si può parlare di defeat device se gli interventi avvengono a caldo poiché questo è espressamente previsto dalla direttiva (per salvaguardare il propulsore) che invece non specifica modalità e durata. È evidente che il ciclo Nedc (presto sarà sostituito da Wltp) previsto dalla Ue è troppo permissivo rispetto a quello utilizzato negli Usa basato su una maggiore durata del test e condizioni molto più simili all'utilizzo stradale. A termini di legge i veicoli Fca sono perfettamente in regola con le normative vigenti, possono regolarmente girare in tutta l'Unione e i loro proprietari non corrono rischi. Berlino può dialogare solo con il Mit e non con l'azienda e tutti gli eventuali correttivi devono essere decisi dal nostro ministero che ha detto più volte che è tutto ok. L'impressione è che dopo l'incontro odierno fra capi di governo il caso si sgonfierà rientrando nei ranghi. Per agire direttamente contro Fca e bloccare le vendite di alcuni modelli in Germania, Berlino dovrebbe appellarsi alla clausola di salvaguardia (grave rischio per la sicurezza stradale o la salute pubblica), ma non ci sono i presupposti nemmeno per ipotizzarla. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino