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Uno stop immediato dell’Ue alle forniture energetiche russe ci trascinerebbe «nella peggiore recessione degli ultimi decenni». Adesso anche la Bundesbank gioca la carta della prudenza sul nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, mentre da Washington pure il Fondo monetario internazionale si dice preoccupato per la battuta d’arresto sulla crescita delle grandi economie europee, Italia e Germania in particolare, che sarebbe causata da un inasprimento delle restrizioni per colpire gas e petrolio: in ballo ci sarebbe il 3% del Pil dell’Eurozona.
Nel suo bollettino mensile pubblicato ieri, la Banca centrale tedesca ha usato stime ben più pessimistiche di quelle circolate finora in ambienti accademici per quantificare l’effetto di un divieto immediato alle importazioni di gas dalla Russia che provocherebbe un’impennata dei costi dell’energia e spingerebbe ancora in alto i trend inflazionistici: per la Germania vorrebbe dire una perdita di 180 miliardi di euro solo quest’anno, con l’economia nazionale che rischia di registrare una contrazione complessiva del Pil del 5%.
Berlino è stata finora tra le capitali Ue più attive nel tentativo di rimandare la decisione su un embargo del gas russo, da cui prima dell’inizio dell’invasione dipendeva - secondo stime ufficiali - per il 55% del suo fabbisogno, più di un terzo del quale è consumato dal comparto manifatturiero. Dopo il rinvio ad agosto del blocco dell’acquisto di carbone, una simile cautela da parte del governo tedesco si registra anche sul fronte delle sanzioni al petrolio, al momento al centro del negoziato fra i tecnici della Commissione e i governi dei Ventisette per l’inserimento nel sesto pacchetto di misure contro Mosca che potrebbe essere in discussione già la prossima settimana. «Non vedo come un embargo del gas russo possa porre fine alla guerra», ha scandito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, a voler sottolineare ulteriormente l’opposizione del suo Paese. «Non si tratta di voler fare soldi, ma di evitare una crisi economica drammatica, la perdita di milioni di posti di lavoro e la chiusura di fabbriche che non riaprirebbero più. Il che avrebbe gravi conseguenze non solo per la Germania, ma per l’intera Europa. E pure sul piano globale». Parole che riecheggiano quelle pronunciate il giorno prima dalla segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, che ha per l’appunto messo in guardia dall’effetto domino che uno stop immediato ai flussi di energia russa verso l’Europa produrrebbe sui mercati globali: «Il blocco Ue potrebbe finire per avere un impatto negativo molto limitato sulla Russia, che si troverebbe sì a esportare di meno, ma a prezzi più alti».
E proprio da Washington è arrivato ieri il suono di un nuovo campanello allarme, stavolta attivato dall’Fmi: l’ipotesi di un embargo totale da parte degli Stati Ue avrebbe un «impatto significativo» che si tradurrebbe in un calo del Pil del 3%, trainato in particolare dalla recessione di quei Paesi che maggiormente dipendono dalle importazioni di metano russo, come Germania e Italia - dove lo stop alla crescita si farebbe sentire di più - ma pure dalle altre grandi economie continentali quali Francia e Regno Unito. «Nel caso in cui tale scenario dovesse materializzarsi, la politica monetaria e quella di bilancio dovrebbero cambiare», ha spiegato Alfred Kammer, direttore del dipartimento Europa del Fondo monetario internazionale, aggiungendo che per ora la raccomandazione alla Banca centrale europea è quella di continuare a «tenere la barra dritta sulla normalizzazione della politica monetaria» portata avanti negli ultimi mesi, dal momento che la guerra in Ucraina ha creato un nuovo picco dei prezzi al consumo.
Il Mattino