Giochi, allarme Agcom sul divieto di spot

 Il divieto di pubblicità dei giochi previsto dal Decreto Dignità, oltre a «danneggiare i concessionari italiani» e a «favorire gli operatori...

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 Il divieto di pubblicità dei giochi previsto dal Decreto Dignità, oltre a «danneggiare i concessionari italiani» e a «favorire gli operatori illegali», rischia di gravare su diversi settori dell'economia italiana, dagli operatori radiotelevisivi al mondo dell'editoria, fino alle squadre di calcio, penalizzate - rispetto a quelle europee - dallo stop alle sponsorizzazioni. Per non paerlare del fisco. Lo scrive l'Agcom in una segnalazione inviata al governo nella quale si auspica «un intervento urgente di riforma dell'intera materia» dei giochi che «possa introdurre gli strumenti più idonei ed efficaci per contrastare il fenomeno della ludopatia, nel rispetto dell'iniziativa economica privata». Tanto è bastato per scatenare l'ira di Luigi Di Maio che nel solito post, veicolo quantomai improprio per le comunicazioni di un ministro, stigmatizza l'intervento dell'Authority accusandola di voler «annacquare il divieto» a discapito dell'educazione dei giovani. Chiude quindi con «un invito ai membri dell'Agcom a a dimettersi», evidentemente ignorando che essi sono già scaduti in attesa di passare la mano ai nuovi commissari.

 

BOTTA E RISPOSTA
Secca la replica del presidente Agcom, Marcello Cardani. «Le parole di Di Maio risultano completamente distorsive del lavoro dell'Autorità, che ha provato in primo luogo a tenere insieme e dare un senso a differenti disposizioni di legge, sforzandosi di rendere efficace il divieto introdotto nel 2018 anche attraverso una proficua interlocuzione con l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per poi segnalare, come è accaduto in tante altre occasioni, le difficoltà di coordinamento che impediscono una piena applicazione del divieto di pubblicità nel settore. Quelli del ministro sono soltanto messaggi politici e personali» e sembrano ignorare che «l'Autorità è un organismo indipendente, innanzitutto dal potere politico, dotato di propria autonomia decisionale, e non può essere considerato un ufficio alle dirette dipendenze di un ministro». Rimarca infine Cardani: «Prima di insultare, il ministro avrebbe dovuto confrontarsi nel merito ed eventualmente collaborare nell'interpretazione dei contenuti della legge per l'esercizio della funzione di controllo attribuita all'Agcom».

Per tornare alla relazione inviata a Palazzo Chigi, secondo l'Agcom a breve il divieto di pubblicità avrà «un impatto notevole sul settore dell'editoria, che già vive una forte contrazione dei ricavi pubblicitari, circostanza che evidentemente incide sotto il profilo occupazionale e che porta con sé inevitabili ricadute anche in termini di pluralismo, privando il settore di una possibile fonte di ricavi». Viene inoltre segnalato che la perdita di ricavi per il solo sistema calcio dopo l'entrata in vigore del divieto «si stima in circa 100 milioni di euro l'anno, con la conseguente penalizzazione in termini di competitività nei confronti delle altre Leghe europee». A questo impatto diretto, precisa la relazione dell'Agcom, «dovrebbe poi aggiungersi un effetto indiretto in termini di ripercussioni occupazionali su tutta la filiera che ne uscirebbe assolutamente indebolita rispetto a quelle straniere».

Analoga penalizzazione subirebbero le tv domestiche, doppiamente penalizzate dal fatto che «laddove il fornitore di servizi media fosse stabilito in altro Paese dell'Unione, ma i contenuti venissero diffusi anche in Italia, lo stesso sarebbe legittimato anche a trasmettere pubblicità del gioco con vincita in denaro, sfuggendo tuttavia alla potestà sanzionatoria» dell'Agcom stessa.
U. Man.
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Il Mattino