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Non sono bastati due cicli di programmazione sull'agenda europea del Fesr, quello del 2007/2013 e del 2014/2020 per avviare l'elettrificazione delle banchine del porto di Napoli. E non sono bastati neanche per demolire quei fatiscenti silos della darsena Marinella o per riconnettere il porto di Napoli alla rete ferroviaria nazionale e per generare i raccordi stradali e ferroviari alla darsena di levante che rischia di restare una cattedrale nel deserto, con 150 milioni di finanziamento spesi a vuoto.
Due cicli, 14 anni, finanziamenti pronti ma una totale incapacità di spesa. Al 31 dicembre 2020, alla chiusura della agenda 2014/20 (benché la rendicontazione degli investimenti resta fissata nei due anni successivi) il bilancio della spesa nel porto di Napoli per quanto riguarda i fondi europei è ancora una volta deludente. Lo era anche alla fine dell'agenda precedente la 2007/2013 tant'è che il governatore De Luca, appena insediato, dovette riprogrammare, sempre per incapacità di spesa, diversi interventi previsti nel Grande Progetto porto di Napoli. L'Unione Europea, infatti, su richiesta del giunta regionale, riammise a finanziamento 148 milioni di euro per la realizzazione di opere infrastrutturali nello scalo partenopeo. Ma a differenza di allora, ora queste opere non possono più essere riproposte perché la Ue si è data una precisa norma che non consente di finanziare nuovamente un progetto programmato in due agende e non realizzato e collaudato.
E questa volta il governatore De Luca, quando si è reso conto che quei progetti non sarebbero mai partiti in tempo utile, ha ritirato la disponibilità di quei fondi per destinarli ad altri progetti ed anche per coprire i ristori durante la prima fase della pandemia.
Ma quali sono le opere finanziate è mai partite? Tra quelle più attese sicuramente il piano di efficientemente energetico, produzione di energia elettrica attraverso batterie di pannelli solari da istallare sugli edifici pubblici del porto.
La Regione già nel 2020 aveva spostato alcune opere sui finanziamenti nazionali del Pon Reti 14/20 proprio per liberare fondi. Oggi la somma residua riprogrammata al marzo scorso è 104,23 milioni di euro di cui 33,6 per Salerno. Su Napoli dunque restano disponibili 70,63 milioni. Di questi 4,25 milioni quelli per la bonifica bellica sono rivelati del tutto inefficaci sia per i rinvenimenti di ordigni successivi alle verifiche, sia perché la bonifica è stata completata da oltre un anno e questo significa che le certificazioni non hanno più valore. Il risultato è che ogni nuovo progetto dovrà prevedere fondi per nuove bonifiche da ordigni bellici. E che dire delle spese che potevano essere evitate: l'Autorità di sistema portuale del mare Tirreno centrale si avvia a lanciare la gara di progettazione per nuovi pontili al Beverello, quelli che oltre 10 anni fa gli armatori avevano proposto di eseguire a propria cura e spese.
Al tirare delle somme, i resoconti delle ultime due agende europee per quanto riguarda il porto di Napoli mostrano molte ombre. Progetti accantonati, altri modificati e non portati avanti, transizione ecologica mai partita. E tutto questo nonostante la riforma della legge 84/94 che ha introdotto le Autorità di sistema portuale. Alla luce di tutti questi flop, l'unica speranza è che ora i commissari incaricati di gestire i fondi del Pnrr adottino strategie diverse da quelle messe in campo fino a oggi.
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