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Stiamo vivendo il più grande crollo obbligazionario di tutti i tempi, osserva nella sua analisi Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch.
In passato, spiega, «abbiamo visto periodi di forte aumento dei tassi di interesse e dei rendimenti obbligazionari, ma questa volta sono soprattutto i titoli zero-coupon con durate più lunghe (periodo effettivo di impegno del capitale) a reagire sensibilmente alle variazioni dei tassi».
LE INDICIZZATE
Per la prima volta dalla fine della crisi finanziaria, quasi 14 anni fa, gli investitori nel dollaro possono nuovamente utilizzare le obbligazioni indicizzate all’inflazione per ottenere rendimenti reali vicini al 2%. Chi punta sull’euro e vuole evitare il rischio-dollaro deve invece accontentarsi di un rendimento reale pari a zero. Si osserva inoltre che i rendimenti della maggior parte delle obbligazioni societarie sono aumentati più dei titoli di Stato. E anche se la protezione dall’inflazione non è garantita, alcuni rendimenti nominali sono probabilmente abbastanza elevati da garantire la conservazione del capitale anche con tassi di inflazione significativamente più alti che in passato. Ciò è particolarmente vero per le “obbligazioni ibride”, che hanno scadenze molto lunghe ma possono essere rimborsate dalle società in date prestabilite. Una selezione di obbligazioni di emittenti solidi con una durata media di poco inferiore ai cinque anni (fino alla data di call) offre oggi un rendimento di circa il 7%, rispetto al 2% di inizio anno. I rendimenti delle obbligazioni societarie tradizionali in euro con solidi rating creditizi si aggirano, invece, intorno al 4%. Sebbene sia nettamente inferiore ai rendimenti dei bond ibridi, si stanno lentamente avvicinando a un livello interessante. Un livello che potrebbe essere favorito dal notevole incremento dei differenziali di rendimento rispetto ai titoli di Stato, cosa probabile in caso di recessione.
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