La «debonusizzazione», per stare al termine utilizzato dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, del sistema fiscale italiano è allo studio del Tesoro...
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Ma questa trasparenza parte da un presupposto. Per rendere immediatamente intellegibili le aliquote, vanno eliminate tutte le interferenze sulla base imponibile e sull'imposta. In altre parole il sistema delle detrazioni e delle deduzioni andrebbe profondamente rivisto. Chi sta lavorando al dossier dà per scontato che almeno due voci andrebbero eliminate e riassorbite: il vecchio Bonus Renzi da 80 euro, portato a 100 euro con l'ultima manovra di bilancio; e le detrazioni sul lavoro dipendente. Ovviamente eliminare bonus e detrazioni non potrà significare una perdita in busta paga per chi oggi usufruisce di queste voci. Il netto dovrebbe restare lo stesso grazie alla riduzione del prelievo fiscale.
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Non è un'operazione semplice. E i punti da chiarire restano molti. Ieri Gualtieri ha detto senza mezzi termini che la riforma di deve «autofinanziare». In altri termini il Tesoro non ha intenzione di fare nuovo deficit per tagliare le tasse. Non è un aspetto secondario. Il rischio è che trasformare gli scaglioni Irpef in una curva continua diventi un semplice maquillage. Già oggi grazie alle detrazioni e ai vari bonus, esistono diverse aliquote effettive per ogni livello di reddito. E sono decisamente più basse di quelle nominali. Grazie all'intreccio di aliquote, scaglioni, compensazioni legate al bonus Renzi da 100 euro, deduzioni dal reddito e detrazioni d'imposta, ben tre contribuenti italiani su quattro, avevano spiegato qualche tempo fa i Commercialisti in un loro studio, pagano un'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) inferiore al 15% del reddito complessivo dichiarato al Fisco. Rendere evidente questo effetto attraverso la curva continua dell'Irpef è sicuramente uno sforzo di trasparenza.
Ma la vera domanda è se sarà possibile permettere a qualcuno di pagare meno di quanto versa oggi, possibilmente non aumentando la pressione fiscale su qualche altra classe di contribuenti. Il governo, sin dal suo insediamento, ha annunciato l'intenzione di voler ridurre le tasse alla classe media, quella maggiormente colpita dalle varie crisi e che ha ricevuto meno benefici. Il punto, allora, è capire di quanti miliardi la pressione fiscale su queste famiglie verrà ridotta e in che modo verrà finanziata. Al ministero da tempo c'è una commissione che studia la riduzione delle tax expenditures, gli sconti fiscali d'imposta. La Commissione europea preme per spostare il peso delle tasse dalle persone alle cose, ossia aumentare l'Iva per ridurre l'Irpef. Ma sarebbe del tutto contraddittorio con il dibattito fatto solo un mese fa, quando lo stesso premier Giuseppe Conte aveva aperto una discussione per una possibile riduzione dell'imposta sul valore aggiunto.
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Nell'economia complessiva della riforma, poi, sarà necessario capire anche il destino dei regimi speciali, come la tassazione al 26% sulle rendite finanziarie e la cedolare secca al 21% sugli affitti. Senza contare che, all'interno della maggioranza, c'è chi spinge per ipotesi di riforma più semplici come il Movimento Cinque Stelle, propenso ad una riduzione da 5 a 3 degli scaglioni Irpef. Più facile da comunicare e meno a rischio sorprese per i contribuenti.
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Il Mattino