Pensioni, lo scatto dell'età diventa soft

Pensioni, lo scatto dell'età diventa soft
Roma. Dopo la platea degli esclusi, il metodo di calcolo. Nel confronto con i sindacati sulle pensioni, il governo fa alcune aperture che per ora non accontentano gli...

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Roma. Dopo la platea degli esclusi, il metodo di calcolo. Nel confronto con i sindacati sulle pensioni, il governo fa alcune aperture che per ora non accontentano gli interlocutori ma in qualche modo avvicinano le posizioni. L'obiettivo è di rendere per tutti lo scatto dell'età per andare in pensione più soft, attenuando i picchi e in certi casi fermando, seppur temporaneamente, l'incremento dell'età. Nell'incontro di ieri l'esecutivo si è detto così disponibile ad adottare una nuova formula per la verifica dell'incremento dell'aspettativa di vita, a partire dall'aggiornamento dei requisiti previsto dal 2021. Invece di confrontare il valore finale della speranza di vita a 65 anni nel biennio di riferimento con quello del biennio precedente, il confronto dovrebbe avvenire tra i valori medi dei periodi. In caso di andamento negativo, ovvero di riduzione della speranza di vita calcolata con questa modalità, i requisiti pensionistici non si ridurrebbero ma il valore negativo verrebbe detratto dalla successiva verifica positiva. Dunque di un eventuale peggioramento delle prospettive di sopravvivenza si terrebbe conto (a differenza di quanto è previsto oggi) ma solo con effetto ritardato. L'utilizzo delle medie dovrebbe comunque evidenziare il possibile saliscendi del parametro demografico.


Il passaggio alla verifica biennale a partire dalla scadenza del 2021 è già previsto dalla legge Fornero, mentre oggi avviene ogni tre anni. Ma cosa sarebbe successo se il meccanismo della media fosse già stato applicato in vista del 2019? Probabilmente poco, nel senso che se invece di confrontare il valore della speranza di vita 2016 con quello del 2013 (raffronto che ha portato ad un incremento di 0,4 anni e quindi di cinque mesi in più dei requisiti previdenziali) si confrontassero le medie la differenza sarebbe pari a 0,3 e quindi a 4 mesi. E dunque l'età della vecchiaia salirebbe a 66 anni e 11 mesi invece che a 67.

I sindacati riconoscono su questo punto «l'apertura» del governo che sostanzialmente va «nella direzione richiesta» (con aggiustamenti), ma sul resto «le distanze» restano. Sulla platea dei lavori gravosi al momento individuati per essere esclusi dall'aumento a 67 anni (15 categorie, le 11 dell'Ape social più le 4 new entry dei braccianti, siderurgici, marittimi e pescatori, in totale 15-20 mila), la proposta del governo «non va bene e va corretta», rimarca il segretario confederale della Cisl, Gigi Petteni, chiedendo anche sui requisiti «cose esigibili»: «Un'intesa è possibile se veniamo ascoltati». «Abbiamo verificato che restano distanze», che «devono essere colmate», dice il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, «chiediamo un intervento sulla platea più ampio. Al momento il pacchetto è limitato, non basta». Sulla platea «le distanze sono infinite», insiste anche il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli.


In ogni caso l'intesa non è ancora a portata di mano. Sarà decisivo l'ultimo incontro previsto per lunedì, che inizierà a livello tecnico per poi assumere una veste politica con la partecipazione dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.
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Il Mattino