​Petrolio, perché il prezzo non scende? Svolta Opec: produrrà più barili. Ma la scalata del costo non frena

Petrolio, perché il prezzo non scende? Svolta Opec: produrrà più barili. Ma la scalata del costo non frena
Gli Stati Uniti e l’Europa implorano l’Arabia Saudita di inondare il mercato di petrolio con un eccesso di produzione per calmierare i prezzi, e la casa reale di Riad...

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Gli Stati Uniti e l’Europa implorano l’Arabia Saudita di inondare il mercato di petrolio con un eccesso di produzione per calmierare i prezzi, e la casa reale di Riad risponde. Il summit virtuale dell’Opec+ che si è chiuso ieri nel tempo record di undici minuti, ha deciso un aumento della produzione dell’oro nero di 648.000 barili al giorno, il 50% in più di quanto ci si aspettava alla vigilia. Il volume di greggio che si viene così a creare riporta la produzione collettiva del gruppo Opec+ al limite dei 10 milioni di barili al giorno, ovvero il quantitativo precedente all’aprile del 2020, prima che la pandemia del Covid intervenisse a far crollare i consumi in tutto il mondo, e forzasse i produttori a ridurre le estrazioni. L’Opec+ comprende oltre ai produttori degli stati del Golfo, alcuni dei maggiori estrattori in Africa e nel Sud America. La Russia formalmente non ne fa parte, ma da tempo le decisioni più importanti del cartello vengono mediate con il suo consenso esterno. Negli ultimi tempi questo coordinamento è saltato, perché le sanzioni ordinate da Usa ed Europa contro Mosca hanno già sottratto un milione di barili al giorno dal conto totale delle estrazioni quotidiane.  

Il rilancio della produzione ha quindi un effetto di compensazione solo parziale, e non riesce a frenare la scalata dei prezzi. A Londra ieri il barile di Brent, l’unità di misura globale, era scambiato a 117 dollari il barile anche dopo l’annuncio, appena sotto la quota di 122 dollari che aveva raggiunto ai primi di marzo. Il buco di produzione russo che è destinato ad allargarsi con le nuove sanzioni decise dalla Ue è poi aggravato dalle difficoltà mai risolte del sistema di distribuzione, e dall’ingorgo delle navi cargo che si è verificato dall’inizio della pandemia. La reale compensazione in cassaforte sono invece le scorte strategiche Usa, che ammontano quasi a cinque volte il fabbisogno nazionale in un anno. Nonostante tutto questo, la decisione ispirata dall’Arabia Saudita è una boccata di ossigeno per i governi di tutto il mondo che cercano di limitare l’impatto degli aumenti per i propri consumatori, a cominciare dall’Italia. Poter contare su un prezzo stabilizzato intorno ai 120 dollari, anche se molto alto in chiave storica, permetterà di programmare i necessari interventi di sussidio. 

Entusiastica è infatti la reazione delle cancellerie dei paesi a maggiore consumo. Negli Stati Uniti la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre la definisce una «decisione importante», e sottolinea il ruolo primario che la casa saudita ha svolto nel negoziare l’accordo. La diplomazia Usa sta meditando da tempo un viaggio di Joe Biden a Riad che sancisca il ritorno delle piene relazioni tra i due paesi che erano divenute difficili dopo lo scandalo dell’uccisione del giornalista Kashoggi. L’annuncio di ieri potrebbe essere l’ultima spinta ad un reset forzato dall’emergenza energetica. Soddisfatta anche la presidentessa della Commissione Europea Ursula van der Leyen: «questo ci renderà il lavoro più facile nel diversificare le nostro forniture e a rinunciare al petrolio russo».

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Il Mattino