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«È qui, nel Mezzogiorno, che andrà fatta la politica industriale per il futuro dell'Italia come ho detto sin dal giorno del mio insediamento», dice Carlo Bonomi dal palco dell'assemblea pubblica dell'Unione industriali di Napoli, ribadendo con più forza che «il Mezzogiorno è decisivo per lo sviluppo di tutto il Paese». È la coesione nazionale, del resto, la chiave di lettura della giornata che, presente il presidente della Camera Roberto Fico, incorona Costanzo Jannotti Pecci alla presidenza dell'Associazione nella location simbolo dell'innovazione tecnologica per eccellenza del Sud, il Polo universitario della Federico II a San Giovanni a Teduccio. Bonomi ne coglie in pieno il senso ma non al punto da aderire al ripristino del Comitato Mezzogiorno di Confindustria sollecitato proprio da Jannotti Pecci rispondendo ad una domanda del Direttore del Mattino Federico Monga. «È stato abolito da altre presidenze perché c'era il rischio di una ghettizzazione dei problemi del Mezzogiorno dice Bonomi . Del resto, la dimensione nazionale del tema è ormai chiara. E in ogni caso con la nostra presidenza c'è la più alta concentrazione di imprenditori del Centro-Sud in ruoli di vertice nel sistema Confindustria». Dal vicepresidente napoletano Vito Grassi («Erano anni che Napoli non ne aveva uno»), alla responsabilità dell'Economia del mare e di Previndustria affidata ad altrettanti industriali meridionali, fino ai due rappresentanti designati nel Cnel, provenienti da Abruzzo e Sardegna.
Bonomi piuttosto è molto preoccupato degli effetti del caro-energia per le imprese e dai condizionamenti della politica sull'attività del Governo. «I partiti non consentono al Governo di compiere gli interventi necessari. È iniziata la campagna elettorale» dice parlando con I giornalisti. «La battaglia delle bandierine, i distinguo non ci aiutano, i percorsi delle riforme si sono interrotti, sono frammentati. Una riforma importante come quella sulla concorrenza è ferma da luglio in Parlamento. I partiti non stanno consentendo al Governo di fare quegli interventi strutturali di cui abbiamo necessità». Le imprese si dicono disposte ad accettare il peso, per molte importante, delle sanzioni imposte alla Russia quale conseguenza dell'invasione dell'Ucraina. «Ma - avverte Bonomi a condizione che il Governo apra quel periodo di riformismo competitivo, quelle riforme che aspettiamo da 25-30 anni e che ci veniva raccontato che non si facevano perché non c'erano le risorse. Oggi ci sono, non ci sono più scuse per non farle». Le riforme sono necessarie per rendere il Paese moderno, efficiente «e per rispondere a quelle grandi disuguaglianze che da 160 anni questo Paese non affronta». Al contrario, insiste l'industriale lombardo, si sono spesi miliardi per il Reddito di cittadinanza «e oggi siamo al paradosso con i navigator che dobbiamo trovare lavoro a chi doveva cercarlo per altri». Totale su questo punto la sintonia con il governatore della Campania, De Luca, schierato anche ieri sul fronte degli sprechi e dei limiti della burocrazia. «Ha ragione De Luca per i 5 anni persi a proposito del rilancio del Porto di Napoli», dice senza esitazione.
Intanto bisogna fare i conti con l'emergenza energetica e non sarà facile: «La realtà è che famiglie ed imprese stanno pagando un extra-bolletta, che è stimata dal Governo, guardando il Def, in qualcosa come 40 miliardi in sei mesi.
Il Mattino