Il Recovery plan è già in ritardo: entro l'estate da approvare provvedimenti semplificazioni e concorrenza

Il Recovery plan è già in ritardo: entro l'estate da approvare provvedimenti semplificazioni e concorrenza
Sergio Mattarella scende in campo, a fianco di Mario Draghi, in difesa del Recovery. Il capo dello Stato, preoccupato per il ritardo accumulato e per le sorti del Piano da 248...

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Sergio Mattarella scende in campo, a fianco di Mario Draghi, in difesa del Recovery. Il capo dello Stato, preoccupato per il ritardo accumulato e per le sorti del Piano da 248 miliardi che dovrà garantire l'uscita dell'Italia dalla grave crisi innescata dalla pandemia e il rilancio del sistema-Paese, ha chiamato al Quirinale Elisabetta Casellati e Roberto Fico per dare un segnale inequivocabile: le massime cariche dello Stato chiedono alle forze politiche di stringere i tempi e di mettere da parte tatticismi e contrasti. L'identico auspicio del premier.


Ai presidenti di Camera e Senato, Mattarella ha infatti chiesto di fare in modo che il Parlamento approvi «tempestivamente i provvedimenti legati all'attuazione del Pnrr, per poter accedere alle risorse previste dal Next Generation Eu». Sul Colle è scattato un campanello d'allarme. Le procedure europee prevedono che determinati passaggi siano fatti entro determinati tempi. Se il cronoprogramma non viene rispettato al minuto, si mettono a rischio i pagamenti da parte della Commissione. Il timore che il Piano stia sommando ritardi e ritardi è forte.

Così al centro dell'incontro - a quanto si apprende da fonti della presidenza della Repubblica - è stata messa l'esigenza di assicurare «un percorso efficace e tempestivo» di esame e approvazione dei numerosi provvedimenti normativi che attuano il piano presentato dall'Italia alla Commissione europea, necessari per ottenere il trasferimento delle previste risorse del programma Next Generation. Ma, come si dice, Mattarella ha parlato a nuora perché anche suocera intenda. La maggioranza eterogenea, che va dalla Lega a Leu, che sostiene il governo Draghi, si sta dimostrando in questo passaggio particolarmente litigiosa. E le liti rallentano l'attuazione del Recovery.


L'allarme riguarda vari settori interessati dal Pnrr, a cominciare dalla riforma della Giustizia, fronte sul quale i partiti di maggioranza già si accapigliano nonostante il lavoro di mediazione della Guardasigilli Marta Cartabia. La settimana prossima sono attesi due decreti cruciali per l'attuazione del Recovery plan: il decreto sulla governance e quello sulle semplificazioni.


Per quanto riguarda il primo, è bloccato da nodi politici che Draghi ancora non è riuscito a sciogliere. Quello principale riguarda la «control room» di Palazzo Chigi, ossia la cabina di regia che dovrà soprintendere a tutti gli investimenti legati al Recovery e che avrà anche potersi sostitutivi in caso di inerzia da parte dei soggetti attuatori, siano essi Regioni, Comuni, ministeri o società pubbliche.
Di questa cabina di regia farebbero parte oltre a Draghi, solo i ministri tecnici più vicini al premier: Daniele Franco (Economia), Vittorio Colao (Innovazione tecnologica), Roberto Cingolani (Transizione ecologica) e Enrico Giovannini (Infrastrutture). Nessun esponente di partito, insomma, sarebbe nella control room. Non solo. Al di sotto di questa cabina di regia, opererebbe il ministero dell'Economia, l'unico titolato a tenere i rapporti con l'Ue. La struttura del Tesoro sarebbe rafforzata grazie a un decreto che sarà emanato a breve, di 300 tecnici neo assunti. Sulla control room e sull'assenza dei ministri tecnici nella gestione del Recovery, c'è un nodo politico che resta da sciogliere e che sta rallentando uno dei provvedimenti centrali per il Recovery.


L'altro provvedimento atteso a fine mese, è quello sulle semplificazioni. Qui più che politici i nodi sono tecnici. Si tratta di un decreto che deve sciogliere tutti i lacci burocratici che potrebbero frenare gli investimenti del Recovery. Che sono innumerevoli. In questo caso le difficoltà, più che politiche sono tecniche. Ma questa estate arriveranno anche altri testi in Parlamento delicatissimi, come quello sulla concorrenza, dove le posizioni tra le forze di maggioranza sono lontanissime. Mancare uno solo di questi appuntamenti farebbe perdere i 25 miliardi di anticipo dei fondi Ue attesi per fine luglio. E darebbe un pessimo segnale all'Europa. Per questo Mattarella è preoccupato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino