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Il Recovery plan italiano cambia. Al ministero dell'Economia si è lavorato pancia a terra come se un domani (politicamente parlando), per il governo ci fosse. Roberto Gualtieri ha ripreso decisamente in mano la regia del piano rifocalizzandolo fortemente verso gli investimenti. Quando il Recovery è uscito da Palazzo Chigi, la quota per gli investimenti, quella che secondo tutte le simulazioni spinge maggiormente la crescita, era del 60%. Il restante 40% destinato a incentivi. Questi ultimi saranno ridotti. Sarà ridimensionato il programma Transizione 4.0 (usciranno i superammortamenti che finanziano beni tradizionali), saranno ridimensionate altre voci e usciranno di scena tutti quei micro progetti di poche decine di milioni di euro di valore di cui era stato imbottito il documento.
Nel documento che dovrebbe essere consegnato oggi a Palazzo Chigi, invece, saranno decisamente aumentati i fondi per altri capitoli: infrastrutture, nuove industrie, digitale, acciaio verde, Alta velocità, porti. Un'attenzione maggiore sarà data alle infrastrutture, da Roma in giù. Si andrà oltre il 34% degli investimenti dedicati al Mezzogiorno, oltre cioé quello che spetta di diritto al meridione in base alla quota di popolazione residente. Un parametro del resto insufficiente a recuperare quel deficit di strade, ferrovie, reti digitali, accumulato in decenni di mancati investimenti da parte dello Stato. La percentuale salirà, dunque, fino ad avvicinarsi al 40%. Significa che per ogni 10 euro di nuovi investimenti pescati dai 209 miliardi del Recovery, 4 saranno indirizzati verso Sud.
Da Roma in giù si diceva.
Quindi da un lato ci saranno progetti di riqualificazione di chiese, catacombe, siti archeologici minori, percorsi pedonali per i pellegrini. Ma dall'altro ci saranno anche investimenti in infrastrutture. A partire dal completamento dell'anello ferroviario, un intervento da tempo atteso. Ma anche nuovi fondi per le nuove tratte della Metro C e il finanziamento della Metro D, oltre al collegamento ad alta velocità dell'aeroporto di Fiumicino che era un progetto, adesso scongelato, dai tempi in cui Alitalia avrebbe dovuto essere salvata dalla cordata Fs, Atlantia, Delta. Infine il finanziamento con 290 milioni di Cinecittà con la costruzione di 6 nuovi teatri di posa entro il 2026 (di cui 2 entro la fine del 2024), e il recupero di altri 4 teatri di posa entro il 2026. L'intero pacchetto Roma dovrebbe arrivare a valere più di una decina di miliardi.
Gualtieri, insomma, si spingerà fin dove possibile nella riscrittura del Recovery, eliminando spese e inserendo investimenti. Quello che invece non potrà fare, è aumentare la quota di prestiti europei da destinare a progetti aggiuntivi. Ad oggi una settantina di miliardi del Recovery plan che arriveranno sotto forma di prestiti, saranno utilizzati per sostituire risorse nazionali con risorse europee. Il Tesoro oltre non può andare. Pesano i rischi sul deficit e sul debito con degli avvertimenti che sarebbero già arrivati sulla tenuta dello spread, non solo dall'Europa, ma anche dalla Banca d'Italia.
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Il Mattino