L'ultima frontiera resta l'export. Almeno per chi se lo può permettere. Perché è qui che il Mezzogiorno virtuoso, capace cioè di uscire dai...
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È il comparto che unitamente a quelli degli idrocarburi, dei mezzi di trasporto e delle macchine elettriche mantiene un importante segno più sulla propria bilancia commerciale. Emblematico il caso della mozzarella di bufala campana dop: il 2018, spiega il Consorzio di tutela che ha sede nel Palazzo reale di Caserta, si è chiuso con un record storico, quello dei 50milioni di chili prodotti in un anno. «La mozzarella di bufala campana dop dice il direttore Pier Maria Saccani - è al quarto posto in Italia tra le Dop per quantità prodotta e l'obiettivo è insistere nel 2019 sulla strada della qualità». Il rallentamento dell'economia non inciderà allora? La forza del comparto è notevole anche in termini di export visto che nel 2017 ha raggiunto il 32,35% e che nel decennio 2007-2017 è cresciuto del 100%. Ma i conti bisogna farli con criticità a dir poco insidiose, specie in questo periodo: «Si sta assistendo ad un aumento del prezzo del latte di bufala dice Saccani -: in un anno è cresciuto di 15-20 centesimi di euro al litro e oggi costa in media 1,50 euro al litro. La mozzarella Dop ha invece sempre lo stesso prezzo all'ingrosso. Capita dunque che i produttori paghino il latte a peso d'oro ma rivendano la mozzarella, per esempio alla grande distribuzione, ad un prezzo che è quello di qualche anno fa, ricavandoci sempre di meno visto l'alto costo della materia prima. L'inizio del 2019 potrebbe segnare un aumento del prezzo della mozzarella all'ingrosso e in special modo sui mercati esteri». Di qui la proposta: «Se dop e igp costituiscono punte di diamante dell'economia italiana, è necessaria una risposta forte della politica, come l'istituzione di una cabina di regia tra ministri o una Direzione generale del dicastero delle Politiche agricole dedicata solo a dop e igp», dice Saccani.
Numericamente è un comparto agguerrito, forte secondo l'analisi del Check Up Mezzogiorno di Confindustria-Srm di oltre 15.600 imprese (tra tessile, abbigliamento e calzaturiero), che dà lavoro a oltre 84 mila addetti e che, con oltre 2,5 miliardi di euro di fatturato, contribuisce alla creazione del 2,1% del Pil meridionale (dati 2015). Numerose le eccellenze ma altrettanto numerose sono le imprese che ancora non riescono a fare il balzo in avanti in termini di valore aggiunto e di produttività: ed è proprio questo il segnale più preoccupante in tempi di recessione. Dice Pasquale Della Pia, consigliere nazionale di Assocalzaturifici e della sezione Moda di Confindustria Napoli (è contitolare con il fratello Giovanni del brand Deimille, uno dei simboli del Made in Campania nel mondo): «Il settore calzaturiero è in forte rallentamento di produzione e l'export cala per motivi internazionali ma anche per la mancata tutela del Made in Italy la cui legge ancora oggi si sta cercando di far passare a Bruxelles. Ci sono problemi di vecchia data, poi, come il costo del lavoro più alto da noi che in altri Paesi UE e una pressione fiscale troppo alta. C'è bisogno di una sterzata della politica, senza più indugi, a favore delle imprese». «È chiaro che i rischi di una recessione li viviamo tutti con timore» gli fa eco Gino Signore, ad di Maison Signore eccellenza italiana degli abiti da sposa made in Italy totalmente artigianali che esporta in tutto il mondo.
Altro settore di punta per il Sud con Campania e Puglia ancora al top anche a livello europeo. E, conferma Luigi Carrino, presidente del Distretto aerospaziale campano, «sempre più fortemente legato a programmi di livello internazionale, con mercati che superano la dimensione continentale. In questo momento in Campania abbiamo superato la crisi di qualche annoi fa, le aziende hanno reagito bene al cambiamento dei paradigmi nei processi produttivi con una spiccata propensione all'adozione delle tecnologie digitali». La crisi economica dovrebbe solo sfiorare il comparto, dunque: «Si è investito dice Carrino in qualità, innovazione e nell'innalzamento delle capacità manageriali. L'aerospazio in Campania è leader di importanti proposte, i rapporti tra grandi e piccole imprese sono stati riorganizzati anche utilizzando al meglio i numerosi programmi di sviluppo tecnologico finanziati dall'Ue, dal Mise, dal Miur e dalla Regione Campania. In un quadro di generale preoccupazione per il nostro settore si può registrare un ragionevole ottimismo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino