Russia a rischio default: cosa succede in caso di collasso finanziario (e le conseguenze per le banche d'Europa)

Russia a rischio default: Cosa succede in caso di collasso finanziario (e le conseguenze per le banche d'Europa)
Un cappio intorno al collo che si stringe sempre più. E fa male, certo non quanto le bombe e i missili che il Cremlino ha ordinato di lanciare contro le città...

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Un cappio intorno al collo che si stringe sempre più. E fa male, certo non quanto le bombe e i missili che il Cremlino ha ordinato di lanciare contro le città ucraine, ma può togliere ossigeno vitale al sistema economico russo tanto da soffocarlo e farlo collassare. Le sanzioni contro la Russia stanno iniziando a mettere in serissima difficoltà il paese di Putin. L’impossibilità di effettuare transazioni finanziarie sul circuito Swift, il più usato al mondo, ha di fatto congelato tutti i pagamenti con l'estero. Le aziende straniere in territorio russo stanno chiudendo i battenti. Il rublo è in caduta libera. La Borsa di Mosca rimarrà chiusa almeno fino all'8 marzo. La banca centrale russa non può intervenire a sostegno della valuta più di tanto, dato che metà delle sue riserve, quelle che si trovano all’estero, sono state congelate. E il rischio default diventa concreto. Le ripercussioni le pagheranno i cittadini russi, anche quelli che con questa guerra non sono per niente d’accordo. Ma ce ne saranno anche sulle economie europee. Compresa l’Italia.

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Il rischio default

Le agenzie di rating stanno declassando il debito sovrano russo. S&P lo ha fatto per la seconda volta nel giro di pochi giorni: stamane ha classificato il rating della Russia a “CCC-“, che significa “alta vulnerabilità”. In pratica è l’anticamera del default. L’agenzia fa anche sapere che il rating resta in credit watch negativo, cioè esposto ad una ulteriore revisione al ribasso: «Potremmo ulteriormente abbassarlo nelle prossime settimane. Le sanzioni colpiranno nel segno per l’economia russa, che ora è diretta verso una profonda recessione» scrive S&P nel report. Tra l’altro non è improbabile una decisione di ulteriori inasprimenti delle sanzioni. Finora i pagamenti di gas e petrolio sono stati risparmiati dall’esclusione dal circuito bancario Swift. Ma non è detto che rimanga così a lungo. 

Anche le agenzie di rating Fitch e Moody’s hanno portato a ‘junk’, spazzatura, il giudizio sui bond sovrani russi. «La gravità delle sanzioni internazionali - spiega Fitch che ha ridotto di ben sei livelli il rating russo appena sopra il livello C - rappresenta un enorme shock per i fondamentali di credito della Russia e minaccia la sua volontà di ripagare il debito del Governo».  Moody’s, portando il rating da Baa3 a B3, esprime «significativa preoccupazione sull’intenzione della Russia di onorare i propri obblighi» e vede il rischio di «una crisi prolungata dell’economia e del settore finanziario a causa delle sanzioni che limitano l’accesso alle riserve internazionali del Paese». Secondo fonti di mercato la probabilità di default della Russia è quotata al 67%: oggi i  credit-default swap (Cds) in dollari sul debito russo a cinque anni sono volati a 1.584.

 Il debito russo

I downgrade delle agenzie di rating renderanno ancora più difficile per Mosca collocare le sue obbligazioni e rifinanziare il suo debito. Ieri per la prima volta dal 1998 la Russia non ha pagato agli investitori esteri le cedole su due suoi titoli di Stato. Coinvolti sia gli interessi dei bond denominati in rubli che i dividendi delle azioni società russe. La “Cassa di compensazione e garanzia russa” ha invece fatto sapere di aver ricevuto il pagamento della cedola da parte del ministero delle Finanze.

La Russia ha 490 miliardi di dollari di esposizione verso l’estero. Le riserve della Banca centrale ammontano a 640 miliardi di dollari. Ma la metà è in valuta estera, per buona parte depositata su conti esteri che sono stati congelati dalle sanzioni occidentali. Gli investitori esteri hanno 20 miliardi di dollari di bond russi denominati in dollari e 41 miliardi di titoli di Stato in rubli, oltre a partecipazioni azionarie in società russe per 86 miliardi.

Gli occhi dei mercati sono puntati sul 16 marzo, quando scadono nuove cedole per oltre 100 milioni di dollari, e sul 4 aprile, quando Mosca deve rimborsare due miliardi di bond.

 Le conseguenze

Il default è una strada senza ritorno: comporterebbe una dichiarazione irreversibile di “paria” finanziario per Mosca, il sequestro di ulteriori asset finanziari, un’impennata ulteriore del costo del debito, la liquidazione obbligatoria di bond russi dai portafogli di centinaia di fondi, in una parola un quasi-collasso finanziario con inevitabili ripercussioni globali, dall’export ai fondi esteri esposti verso la Russia costretti a liquidare anche con gravi perdite. Senza escludere una tempesta finanziaria per altri Paesi emergenti.

La recessione

Jp Morgan in un report agli investitori stima un crollo del Pil russo del 7% quest’anno. Le stime medie degli economisti raccolte dalla Bloomberg indicano un -9% circa.

Aziende vicine al fallimento

Fiammata anche per il rischio default del settore privato: Sberbank, una delle principali banche colpite dalle sanzioni, ha visto volare i contratti Cds, che fungono da assicurazione dal rischio default, a quasi 2.400, da circa 750 dov‘erano a inizio mese.

Il colosso tecnologico russo Yandex ha lanciato l’allarme che potrebbe andare in default dopo che è stato sospeso dalle negoziazioni sulla borsa digitale di New York. Il Nasdaq e la Borsa di New York questa settimana hanno sospeso tutte le quotazioni delle società russe fino a quando non spiegano come saranno colpite dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dai loro alleati sulla scia dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. In un comunicato stampa, Yandex, che ha sede legale nei Paesi Bassi ma ha i suoi uffici principali in Russia, ha affermato di non essere stata presa di mira dalle sanzioni. «Attualmente non ci sono restrizioni normative sulla capacità delle persone statunitensi, britanniche o dell’Ue di acquisire e scambiare titoli di Yandex», ha aggiunto. Tuttavia, la società, spesso chiamata «il Google russo» per la sua dimensione e ampiezza di servizi, ha affermato che se viene sospesa per più di cinque giorni di negoziazione, i proprietari di determinate obbligazioni potranno legalmente riscattare il proprio debito con gli interessi. «Il gruppo Yandex nel suo insieme non ha attualmente risorse sufficienti per riscattare le banconote per intero», ha affermato la società.

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L'impatto sulle aziende europee

Quasi tutte quelle che hanno stabilimenti in Ucraina li hanno chiusi per sicurezza. Tante stanno chiudendo anche le filiali in Russia. L’impossibilità di interscambi sta portando inoltre molte aziende europee, anche italiane, che negli ultimi anni avevano intensificato l’export verso la Russia, a fermare gli stabilimenti e mandare i lavoratori in cassa integrazione.

Altro versante, quello degli approvvigionamenti: i settori più colpiti sono siderurgia, agroalimentare, metalmeccanico. Lo stop all’import da Russia e Ucraina sta provocando fermi, per carenza di materie prime, in tante fabbriche. In Italia sono in affanno quelle siderurgiche, le aziende che producono dolciumi, gli allevatori di bestiame (il mais che serve per alimentarli proveniva soprattutto dall’Ucraina). Effetti negativi anche su molte banche europee che si sono viste declassare il loro rating. Spiega Fitch: «Gli istituti europei avevano crediti totali verso le controparti russe di circa 91 miliardi di dollari a fine settembre 2021. Di questi, 41 miliardi di dollari si riferivano a posizioni locali in valuta locale, principalmente esposizioni detenute da filiali russe di banche estere». In particolare le banche italiane e francesi detenevano la maggiore esposizione verso le controparti russe, rispettivamente a circa 15 e 10 miliardi di dollari a fine settembre 2021, mentre tutte le altre dell’Europa occidentale avevano un’esposizione combinata di circa 17 miliardi di dollari. Per Fitch «è probabile che la qualità creditizia di tali esposizioni si deteriori notevolmente, in particolare per le controparti maggiormente colpite dalle sanzioni.

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Il Mattino