Scommesse, il gioco delle 3 carte: lo Stato incassa e vieta

In Italia lo Stato gioca da anni due parti in commedia sul palcoscenico del gioco d'azzardo legale, che costituisce indiscutibilmente una delle entrate più cospicue...

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In Italia lo Stato gioca da anni due parti in commedia sul palcoscenico del gioco d'azzardo legale, che costituisce indiscutibilmente una delle entrate più cospicue nelle sue casse. Da una parte, da tempo, ha esteso a sempre nuove forme il gioco legale, con l'obiettivo dichiarato di sottrarlo alle reti criminali e al «nero», con una strategia raffinata di un basso prelievo sulle nuove forme via via sempre più digitali da far entrare nel recinto del «legale», rispetto al massiccio prelievo riservato ai «vecchi» giochi, come il Lotto, Enalotto e pronostici calcistici. Con bruschi innalzamenti poi dell'aliquota, dopo aver «attirato» i giocatori.


Dall'altra però, di fronte al dato eclatante delle scommesse degli italiani e alla consapevolezza crescente delle conseguenze negative della ludopatia in primis per chi ha redditi bassi e bassissimi, lo Stato promette centralmente interventi organici di riduzione del fenomeno, via via rinviati nel tempo, mentre a livello di Comuni sono ormai circa 500 quelli che hanno emanato per conto loro ordinanze restrittive. Con il recente fenomeno di tabaccai che le impugnano davanti al giudice amministrativo e anche per danno erariale alla Corte dei Conti, come avvenuto a Bergamo. Purtroppo non è eccessivo dire che lo Stato su questo tema mostra di giocare anch'esso: gli piace il gioco delle tre carte.

Che la contraddizione sia evidente, lo dimostra un fatto incontestabile. Anche per il 2017 in legge di bilancio il contributo di entrate dal settore dei giochi pubblici è previsto in crescita sul 2016. Sono indicati incassi per 5935 milioni di euro, rispetto ai 5674 che erano contemplati in questo 2016. Ed è la sola voce relativa alle slot e alla videolotteries, a cui occorre sommare 284 milioni da altre lotterie, e dai quasi 8 miliardi previsti giocati al Lotto, sottratte le vincite che si determineranno, in media rispetto agli anni precedenti allo Stato entreranno un altro paio di miliardi. Le entrate erariali complessive da giochi sono state di 8,8 miliardi nel 2015, rispetto a 8,2 nel 2014. Come vedete, una cifra imponente. Perché imponente è il gioco legale in Italia.

Il sistema italiano dei giochi pubblici con vincita in denaro nel 2015 ha registrato una raccolta di quasi 88 miliardi di euro, pagando vincite ai giocatori per 70,98 miliardi e garantendo entrate erariali per 8,86 miliardi. La restante quota, circa 7,8 miliardi di euro, remunera tutte le imprese attive nell'offerta di gioco (concessionari, distributori, punti vendita, e via continuando). La raccolta era di 61 miliardi nel 2010: in un paese che dal 2008 ha visto la discesa del 12% del reddito procapite, il gioco legale è salito a un tasso del 7.4% l'anno. E ad esso si somma ancora una vasta attività di gioco illegale, cautelarmente stimata in circa 25 miliardi di euro dal Libro Bianco a cura dell'associazione nazionale concessionari, pubblicato la scorsa primavera. La Campania è la regione che detiene il maggior numero di punti vendita nella rete di raccolta scommesse, ben 2.760, pari a circa il 20% della distribuzione nazionale. Una scommessa su cinque in Italia è effettuata in Campania. Che precede la Lombardia, con 1.708 punti vendita, la Sicilia con 1.627, poi il Lazio con 1.515.

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