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Le ultime garanzie necessarie chieste da Bruxelles sulla coerenza del piano italiano con le linee indicate dalla Commissione Ue e sulle riforme per raggiungere gli obiettivi indicati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono arrivate ieri ai tempi supplementari. Ma comunque in tempo per sbloccare in giornata l’impasse che aveva spinto al rinvio del Consiglio dei ministri convocato per le 10 di mattina e riunito dodici ore dopo per annunciare la svolta: «C’è la green light della Commissione Ue», ha esordito il ministro dell’Economia, Daniele Franco in apertura.
È stata un’ultima telefonata di Mario Draghi con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con il suo vice, il lettone Valdis Dombrovskis, a sciogliere gli ultimi nodi sulle riforme richieste da Bruxelles per approvare il Recovery Fund che farebbe scattare a luglio la prima tranche (circa 24 miliardi) dei 191 miliardi previsti destinati a disegnare in 5 anni un’Italia più verde e più digitale. Di questi, 122,5 miliardi saranno sotto forma di prestiti e gli altri a fondo perduto. Una dote a cui vanno aggiunti i 30 miliardi che arriveranno dal fondo complementare nazionale.
Al centro delle attenzioni Ue in particolare i tempi dell’attuazione delle riforme e la richiesta di entrare ancor più nei dettagli.
Tra le altre misure ci sono i 6,7 miliardi per le rinnovabili, internet veloce a 8 milioni di famiglie e 9mila scuole, 25 miliardi per la rete ferroviaria veloce, 228mila nuovi posti negli asili (sono 4,5 i miliardi per gli asili e le famiglie). Ma sparisce dal piano il cashback (anche se resta finanziato e dunque per ora in vigore). E a fine 2021 scadrà anche quota 100, cara alla Lega, e sarà sostituita da misure pensionistiche per chi svolga lavori usuranti. Resta ancora non definito il capitolo della governance. Il coordinamento e l’attuazione dovrebbero essere assegnati al ministero dell’Economia così come già deciso in altri Paesi Ue. Resta da definire chi avrà al supervisione politica del tutto. Su questo nodo i problemi non vengono da Bruxelles ma dai partiti che immaginano una loro presenza all’interno del board che sarà guidato dal presidente del Consiglio.
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