Dal Superbonus la spinta alla crescita del Sud: Pil su del 2,4% in due anni

«il Mezzogiorno ha mostrato una capacità di assorbimento degli incentivi del Superbonus decisamente superiore rispetto a precedenti agevolazioni fiscali in materia edilizia»

Dal Superbonus la spinta alla crescita del Sud
Che il Superbonus aveva contribuito al rilancio dell'economia del Mezzogiorno, mantenendola a galla insieme con il turismo nell'immediato post-Covid, lo si era intuito....

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Che il Superbonus aveva contribuito al rilancio dell'economia del Mezzogiorno, mantenendola a galla insieme con il turismo nell'immediato post-Covid, lo si era intuito. Ora arriva anche la certificazione di quella dinamica ma con elementi, non solo statistici, in gran parte sorprendenti. Dall'audizione di ieri in Commissione bilancio alla Camera del direttore della Svimez, Luca Bianchi, emerge infatti che il Superbonus (e bonus facciate), «tenendo conto del solo effetto aggiuntivo, ha contribuito alla crescita del Pil delle regioni del Mezzogiorno del 2,4% nel biennio 2021-22, 0,5 punti in più della media nazionale e 0,6 punti oltre quella del Centro-Nord». Inoltre, spiega Svimez, su questo risultato incide «in misura prevalente, il differente peso che ha il settore delle costruzioni nelle due aree: quasi il 32 per cento nel Sud, circa il 18 per cento nel resto del Paese». Ma non è tutto. Sempre in base ai dati Svimez che a loro volta rimandano ai dati dell'Enea, l'importo medio per un intervento al Sud risulta in media più elevato di 12mila euro rispetto al Centro-Nord anche se gli investimenti realizzati effettivamente (16,6 miliardi) sono pari a meno del 29% del totale nazionale.

In ogni caso, dice Svimez, «il Mezzogiorno ha mostrato una capacità di assorbimento degli incentivi del Superbonus decisamente superiore rispetto a precedenti agevolazioni fiscali in materia edilizia, quali ad esempio l'Ecobonus per il quale la quota Sud si è fermata all'11,3%».

La controprova si legge, ma in chiave negativa, nei dati relativi al primo trimestre 2023: la contrazione degli investimenti legati al Superbonus che ha interessato tutto il Paese dopo le ripetute modifiche legislative introdotte negli ultimi mesi, è stata superiore al 60% nel Mezzogiorno. Un impatto molto forte, frutto anche delle truffe scoperte dalle inchieste giudiziarie, ma che di fatto rischia di azzerare il rimbalzo degli ultimi due anni riportando la filiera meridionale delle costruzioni ai livelli precedenti, contrassegnati dal fallimento di migliaia di aziende e dalla perdita di oltre 100mila posti di lavoro.

Non va dimenticato, inoltre, che durante i lockdown determinati dalla pandemia i contraccolpi in particolare sull'edilizia residenziale sono stati pesanti soprattutto al Sud, con un impatto di -6,6%. Quando, però, è arrivato il rilancio del 2021 l'occupazione nel settore delle costruzioni è cresciuta notevolmente di più nel Mezzogiorno, il 28,6% rispetto ad un valore percentuale cumulato del 18% nelle regioni del Centro-Nord.

Ecco perché, come è stato spiegato ieri durante l'audizione parlamentare, «il contributo offerto dal Superbonus alla crescita complessiva del Pil nelle due macro-aree nell'intero biennio si commisura in circa il 17 per cento nel Centro-Nord, e nel 27 per cento nel Sud - spiega Svimez - La differenza nel peso rivestito da detta misura nelle due ripartizioni si deve alla diversa estensione, assai maggiore nelle regioni centrosettentrionali, rivestita da attività di mercato diverse dalle costruzioni quali l'industria in senso stretto e i servizi destinabili alla vendita».

Il Superbonus come leva della ripresa, dunque, è più forte e impattante nel Sud rispetto alle altre regioni. L'approfondimento Svimez su questo punto appare inequivocabile: «Nel Centro-Nord, il sostegno offerto dalle misure in oggetto alla crescita del Pil ha rappresentato circa il 20 per cento, e più, della crescita complessiva in due regioni: Emilia-Romagna (20,4%) e Toscana (23%). Ad ogni modo, anche in territori forti, come la Lombardia o il Veneto la spinta data alla crescita dell'attività economica complessiva, in un biennio di forte crescita, è stata apprezzabile, intorno al 17 per cento. In linea generale, nelle regioni centrosettentrionali le misure di efficientamento energetico hanno costituito una sorta di innesco per la ripresa dell'attività produttiva che, successivamente, data la maggiore estensione dell'economia di mercato, si è mossa in maniera autonoma».

Decisamente diverso lo scenario prodotto al Sud da queste misure: «In ben quattro regioni - Sicilia (32,7%), Sardegna (32,6%), Molise (30,9%), Campania (28,6%) - le misure considerate hanno costituito poco meno di un terzo dell'intera espansione fatta registrare dal Pil nel biennio. L'intensità del contributo offerto dalla policy è inversamente correlata all'estensione di attività più propriamente di mercato».

Nei primi tre mesi del 2023, come detto, si è verificato un forte rallentamento dei nuovi interventi, che si riducono di circa il 32% rispetto al valore medio trimestrale del 2022. «Tale contrazione è assai più accentuata nelle regioni del Mezzogiorno (-61,4%) rispetto al Centro-Nord (-20,2%). Con riferimento al volume di investimenti previsti, essi risultano sostanzialmente stabili rispetto alla dinamica media trimestrale del 2022 nel Centro-Nord (+2,4%) mentre al Sud si riducono di circa il 40%. Tali dati sembrano indicare il ruolo di freno esercitato dall'incertezza dell'assetto normativo e, in particolare sulla cedibilità del credito d'imposta, in particolare nelle Regioni del Sud». «Nel 2022 invece gli interventi e gli investimenti previsti erano cresciuti di quasi tre volte a livello nazionale. A livello territoriale, il numero di interventi aumenta nel Mezzogiorno a un tasso più elevato di quello registrato nel Centro-Nord. Al contrario, il valore degli investimenti previsti cresce nel Centro-Nord ad un tasso leggermente più elevato di quello del Mezzogiorno». Era una stagione molto diversa, ancorché già frenata dai dubbi esplosi sulla credibilità del sistema degli incentivi e su quello delle regole. E con profonde incognite per le stesse aziende, con i cassetti fiscali pieni zeppi di crediti ancora non esigibili e un futuro a dir poco complicato. 

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Il Mattino