Erode sia le casse delle imprese che le tasche dei lavoratori. È il famigerato cuneo fiscale, la differenza tra quanto costa un lavoratore all'azienda e il netto in...
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Il cuneo fiscale, come detto, è la differenza tra il lordo e il netto dopo aver sottratto limposta personale sui redditi e gli oneri sociali e contributivi a carico di entrambe le parti, tenendo anche presente le agevolazioni fiscali per le famiglie. Cosicché minori sono i carichi familiari, minori sono le agevolazioni e più il gap aumenta: in una famiglia sempre con due figli, ma con papà e mamma che lavorano, il cuneo arriva al 40%. E nel caso dei lavoratori single la fetta di salario scippata al lavoratore, è pari quasi alla metà: 47,9% per la precisione, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente e soprattutto quasi 12 punti percentuali in più rispetto alla media dei paesi Ocse pari al 36,1%. Anche in questo caso l'Italia si piazza su podio, al terzo posto dopo il Belgio (52,4%) e la Germania (49,5%).
A un cuneo al top tra l'altro già corrispondono stipendi bassi: per un single lo stipendio lordo è in media di 45.300 dollari, al 19esimo posto nell'area Ocse, inferiore a tutti i maggiori Paesi dell'area industrializzata, escluso il Canada (42.700 dollari). Dopo di che, nel passaggio tra il lordo e il netto, una grande fetta del costo del lavoro finisce nelle casse dell'erario e in quelle previdenziali. Il grosso del cuneo (85%) è rappresentato da imposte sul reddito e contributi di sicurezza sociale. Nella media Ocse questi due fattori combinati assieme rappresentano il 77% del cuneo fiscale totale.
Il problema non è certamente nuovo, sono decenni che se ne parla. Ridurre il cuneo fiscale avrebbe effetti molto più espansivi sull'intera economia, sarebbe molto più efficace rispetto a qualunque altro provvedimento, 80 euro e flat tax compresi. Ma finora nessun governo è ancora riuscito a trovare il modo per un taglio del cuneo. Anzi con il passare degli anni, nonostante le promesse di tutti i vari governi che si sono succeduti e qualche sperimentazione (esempio: la decontribuzione triennale per l'assunzione dei nuovi assunti a tempo indeterminato varata dal governo Renzi e solo in parte prorogata anche successivamente), la situazione è andata via via peggiorando. Basti pensare che nel Duemila il cuneo fiscale inghiottiva il 47,1% del salario lordo dei lavoratori dipendenti single, ovvero 0,8 punti percentuali in meno rispetto ad ora. Un andamento in controtendenza rispetto a gran parte degli altri Paesi aderenti allorganizzazione: nello stesso periodo la media Ocse è infatti scesa dal 37,4 al 36,1%, con una diminuzione di 1,3 punti.
I dati Ocse danno la stura alle opposizioni per chiedere con più forza una diversa politica fiscale. Per Uil «i dati confermano una realtà purtroppo nota da tempo: gli italiani sono tra i più tassati del mondo. Soprattutto i lavoratori dipendenti e pensionati che contribuiscono per oltre l85% al gettito fiscale». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino