Ancora una maxi-multa a Google. La Commissione Ue ha comminato al gigante di Mountain View la più alta sanzione mai comminata: dovrà pagare 4,3 miliardi di euro per...
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Google ci ha sempre visto lungo: non solo ha capito già agli albori di internet che le ricerche sarebbero diventate cruciali per acquisire potere sugli utenti, ma a metà anni 2000 ha realizzato per prima che l'attenzione si stava spostando dai pc fissi ai telefoni mobili, e quindi ha messo a punto una strategia, che passava per l'acquisizione di Android, per affermare il suo dominio anche lì. Ma il piano le è costato caro: 4,3 miliardi di euro per un nuovo abuso di posizione dominante, dopo quello già sanzionato l'anno scorso, sempre dall'antitrust europeo, con una multa già record allora da 2,3 miliardi.
La società protesta, annuncia l'appello e minaccia di far pagare Android. Ma intanto entro tre mesi dovrà comunque versare alla Ue il dovuto e soprattutto mettere fine alla condotta illegale, altrimenti scatteranno le salatissime penali giornaliere: il 5% del suo fatturato quotidiano per ogni giorno di ritardo nel mettersi in regola. Bruxelles non è contro le posizioni dominanti, ma vigila sugli abusi, perché riducono la concorrenza, cruciale nella tecnologia perché favorisce l'innovazione. Per questo contesta a Google tre condotte 'illegalì in base alle regole Ue. La prima: ha chiesto ai produttori di device Android di pre-installare l'app di Google Search e il browser Chrome come condizione per fornire la licenza dell'app store di Google, cioè Play Store. I produttori, ha detto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, sono stati costretti ad accettare perché il Play Store è un 'must-havè sugli apparecchi Android.
«Specialmente perché non è possibile per gli utenti scaricarlo da soli», spiega. Seconda accusa: ha pagato alcuni grandi produttori e operatori di rete a condizione che pre-installassero esclusivamente Google Search, e non altri motori di ricerca. «A caval donato non si guarda in bocca», dice Vestager per descrivere un comportamento tipico degli utenti: quando si trovano un'app già scaricata, usano quella di default. Lo dicono i dati Ue: nel 2016, oltre il 95% di tutte le ricerche su apparecchi Android avvenivano attraverso Google Search. Sui device Windows, invece, le ricerche con Google Search erano meno del 25% e quelle con Bing, l'app pre-installata da Windows, oltre il 75%. Terzo punto: ha impedito ai produttori di usare versioni alternative di Android (che essendo 'open sourcè, può essere modificato e usato da chiunque), pena perdere la licenza.
«Finora il business model di Android ha fatto sì che non abbiamo dovuto far pagare ai produttori di telefoni la nostra tecnologia, ma siamo preoccupati che la decisione di oggi possa turbare l'equilibrio raggiunto e che invii un segnale preoccupante a favore dei sistemi proprietari rispetto alle piattaforme aperte», ha detto l'amministratore delegato del colosso di Mountain View, Sundar Pichai, convinto che il sistema operativo abbia creato «più scelta per tutti, non meno».
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Il Mattino