Entro mercoledì prossimo Luigi Di Maio ha fatto sapere ai vertici di Whirlpool di aspettarsi «soluzioni alternative» per non chiudere lo stabilimento di via...
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Questa mattina alla Whirlpool di via Argine farà capolino il cardinale Crescenzio Sepe, che terrà messa con il suo vicario episcopale Tonino Palmese. Intanto nello stabilimento - dove va avanti il presidio notturno di 50 lavoratori. Martedì il caso sarà oggetto di una riunione straordinaria del consiglio comunale di Napoli, nella sala dei Baroni, ma gli occhi di tutto sono puntati al tavolo di mercoledì al Mise. Perché da Whirlpool arrivano segnali contrastanti. L'azienda, nella riunione di martedì scorso sempre al ministero dello Sviluppo, e alla quale era presente il vicepremier, ha fatto sapere che «non c'è al momento una soluzione alternativa». Anche se nelle ultime ore sarebbe accelerati i contatti per trovare un compratore del sito. Soprattutto gli americani fanno intendere di non essere molto spaventati dalla minaccia di Di Maio di revocare gli aiuti già erogati e ancora da erogare nei prossimi anni: anche perché i soldi destinati all'impianto di via Argine risalgono a un contratto di sviluppo firmato nel 2014 con Invitalia e relativo al rafforzamento della linea di lavatrici di altagamma, che a detta dell'impresa sarebbe stato già utilizzato. Di Maio, dal canto suo, ha dato mandato all'unità per la gestione delle crisi aziendali e all'ufficio legislativo di trovare contromisure. Infatti si teme che la Whirlpool porti in Polonia quel pezzo di produzione altamente tecnologica del bianco, insostenibile per il costo del lavoro italiano.
Il Mise, in quest'ottica, ha già avviato la pratica per revocare il finanziamento da 8 milioni di euro, anche perché l'accordo firmato con Invitalia prevedeva di portare la pianta organica di via Argine a 522 unità. Parallelamente è partito un monitoraggio su tutti i fondi che il ministero ha garantito agli americani: i 27 milioni di euro veicolati attraverso i contratti di programma, i 3 destinati dalla Regione Lombardia e il mezzo milione messo in campo dalla Toscana. Di tutti questi soldi non sarebbero stati ancora versati 5 milioni di euro legati al rilancio degli stabilimenti delle Marche e quello di Carinaro nel Casertano. Il vicepremier vuole anche bloccare queste ultime cifre. Ma al Mise gli hanno spiegato che, stando ai regolamenti attuali, di base le aziende, dopo aver incassato i benefit, devono garantire la continuità aziendale soltanto per tre anni. Tradotto, se si chiude a Napoli, si perdono i soldi anche per rilanciare Fabriano, Comunanza o Siena. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino