«Nel periodo del terrorismo fu creato un pool per contrastare i delitti politici. Per la corruzione c'è stata Mani pulite. Contro la criminalità...
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Tahir tiene molto alla distinzione rispetto alla bomboletta spray al peperoncino, il cui uso sconsiderato è probabilmente all'origine della strage della discoteca di Ancona. «Questo puntualizza - è un sistema con componenti di elettronica, informatica e chimica. Io non vendo uno spray, ma ho sviluppato e venderò un dispositivo che basta accendere perchè diventi un deterrente. È dotato di una telecamera azionabile con una leggera pressione, che lampeggia quando si accende. Faremo una campagna di marketing specifica: il semplice fatto di sapere che esiste un sistema di difesa agirà da freno per le violenze. Non è nebulizzante sottolinea ancora Tahir - cioè lo spruzzo non si espande ma è diretto, esattamente come una pistola ad acqua. Potranno usarlo non solo le donne ma anche categorie a rischio, come vigili urbani, medici, controllori, autisti di autobus. Per gli uomini si presenta nella forma simile ad una torcia». L'Università di Napoli Federico II è capofila del progetto, in partnership con il Cini, Consorzio interuniversitario nazionale per l'Informatica, di cui fanno parte molti Atenei italiani. Dopo l'ammissione al finanziamento, è nata la start up Safe Industries con sede a Pomigliano, in un capannone industriale.
Se gli fai notare che al momento dell'aggressione la paura può paralizzare, Tahir scuote la testa: «A me basta che la persona faccia pressione in modo da accendere il video, se è coinvolta in una situazione che si presenta violenta. Da quel momento, infatti, possiamo intervenire in tempo reale». La Safe parte simbolicamente da una data non casuale, il 21 dicembre, in coincidenza con il terzo anniversario dell'aggressione e del tentato sequestro di Luciana Esposito, giornalista e direttore di www.Napolitan.it, da parte dei clan nel parco Merola di Ponticelli. Luciana è anche la compagna di Oliver che, da quei momenti terribili, decise di ideare uno strumento innovativo a difesa delle donne che poi realizzò sei mesi dopo. È Luciana a raccontare, ancora emozionata, quando fu costretta ad allontanarsi dai suoi affetti per oltre un mese in seguito alle minacce. «Se avessi avuto il dispositivo Safe avrei potuto riprendere immediatamente il contesto ed avere così delle immagini importanti da fornire agli inquirenti. Mentre ho aspettato circa 20 minuti l'arrivo della polizia», racconta. Le vittime di violenze e femminicidi sono, nel 24% dei casi, colpite dopo una relazione conclusa, ricorda la criminologa Luisa D'Aniello che ha supportato il progetto. «Nel 70% dei casi la donna ha contattato le forze dell'ordine e, dal momento della denuncia diventa ancora più esposta alla violenza maschile. È in questo meccanismo che c'è una falla. Dunque sarà fondamentale avere a disposizione un sistema di autotutela che monitora e valuta il rischio proprio mentre si denuncia». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino