Per le piccole e medie imprese del Mezzogiorno ci sono dati positivi ma c’è ancora molto da fare. Lo rivela il “Rapporto PMI Mezzogiorno 2017”, presentato...
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Nel rapporto si legge che i segnali di ripresa che l’anno scorso erano timidi si sono rafforzati. Dal punto di vista della demografia sono calati molto di più i fallimenti e le altre procedure di chiusura e questa è già una buona notizia. È tornato ad aumentare il numero delle piccole e medie imprese dopo anni di contrazioni e anche i conti economici delle pmi delle imprese meridionali evidenziano segni di ripresa: sono cresciute di più rispetto alle pmi italiane nel 2015. Un altro risultato importante della ricerca è che la crisi ha prodotto un processo di selezione che di fatto ha tolto dal mercato le imprese più fragili e quelle che sono rimaste oggi sono più forti. “Abbiamo anche fatto un approfondimento sul sistema dell’innovazione del Mezzogiorno – ha spiegato Guido Romano, Responsabile degli Studi Economici Cerved -È ancora un po’in ritardo rispetto al resto dell’Italia ma andando oltre i dati ufficiali del registro delle imprese, quello che emerge è un numero consistente di startup e pmi innovative. Sono 3.300 e producono un valore aggiunto che non è trascurabile”.
“Puntiamo tantissimo sulla manifattura 4.0 che è un percorso sicuramente complicato ma ci dobbiamo credere”, sottolinea Prezioso. E lancia il Digital Innovation Hub molto calato sulle realtà locali. Il presidente spiega che è fondamentale per questo progetto il rapporto con le Università, con i centri nazionali di ricerca, le banche e le Istituzioni. “Voltandoci indietro dobbiamo ridurre la distanza tra le imprese più avanzate e quelle che arrancano. Saranno le aziende più avanzate dal punto di vista dell’innovazione a dare una mano a chi è più in difficoltà. Sarà fondamentale anche il consolidamento del rapporto tra pubblico e privato, come già succede nelle aree più avanzate del Paese. Per riuscirci è necessario che le imprese siano in grado di attrarre per cui bisogna ridurre le criticità come la burocrazia, i costi dell’energia, il total tax, il credito, etc..”. Prezioso sa bene che il passaggio all’innovazione non è facile ma dice che non ci sono altre alternative: “dobbiamo formare i giovani e anche gli imprenditori per potenziare e apportare delle migliorie alle nostre aziende. Siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa, il sesto nel mondo, non manterremo queste posizioni se non facciamo questa rivoluzione”. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino