A Napoli i tessuti stampati in 3D per testare farmaci su misura

Stampare in 3D organi o addirittura un essere umano intero non è più fantascienza. Il gruppo di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Napoli...

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Stampare in 3D organi o addirittura un essere umano intero non è più fantascienza. Il gruppo di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Napoli coordinato da Paolo Netti sta perfezionando la stampa in 3D dei tessuti. Una ricerca che parte da Boston alla fine degli anni '90 e si perfeziona nel laboratorio napoletano, uno dei più all’avanguardia per lo studio dei tessuti. Nasce proprio a Napoli il «Body-on-chip», la stampa 3D di tessuti umani in circuiti microfluidici. «In laboratorio abbiamo inserito cellule istruite nei microtessuti che poi abbiamo utilizzato come inchiostro per la stampa 3D», ha spiegato Netti. Attribuendo alle cellule le giuste competenze è possibile riprodurre le funzionalità di tutti gli organi, creando un tessuto fluido, identico a quello del corpo umano.

 
«Per la legislazione italiana – ha spiegato Netti – non possono essere fatti impianti sugli esseri umani di tessuti stampati in 3D in laboratorio. Probabilmente servono ancora anni per superare questo ostacolo». Ma il direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Napoli sottolinea quanto questa nuova tecnica sia importante soprattutto per le sperimentazioni dei farmaci: «Ogni corpo umano ha caratteristiche differenti che lo fanno funzionare diversamente. Anche le interazioni sono differenti, come quelle con i farmaci. I tessuti stampati in 3D possono riprodurre perfettamente le caratteristiche di un corpo specifico e testare farmaci senza danneggiare l’uomo e nemmeno gli animali che solitamente fanno da cavie».


Dunque la stampa 3D dei tessuti umani consente di evitare il testing di prodotti sugli animali e di ottenere risultati che siano reali, perché provati sutessuti identici a quelli del corpo umano, cosa che con gli animali non è possibile ottenere in maniera così puntuale. Altro vantaggio è l’abbattimento dei costi. «Per sviluppare un farmaco e portarlo in commercio – spiega Netti - le grandi aziende farmaceutiche spendono circa un miliardo di dollari. È questo il motivo per cui i farmaci costano tantissimo. Con la nostra tecnologia si possono fare sperimentazioni in vitro e abbattere di gran lunga i costi». Inoltre questo tipo di tessuto consente di studiare a perfezione le connessioni che avvengono tra gli organi. Per esempio, in che modo l’intestino interagisce con il cervello? Nessuno studio su animali consente di saperlo, ma molte patologie come la depressione o l’Alzheimer, si possono studiare in questo modo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino