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Gentile Direttore,
quella di Nicola, il bambino di 21 mesi che si è smarrito nel bosco per due notti, è una storia bellissima. Innanzitutto per il lieto fine e poi perché ha il significato particolare dell’apologo. I genitori di Nicola hanno fatto una scelta di vita controcorrente rispetto alla società di oggi, vivendo isolati in una sorta casa colonica; producendo solo quanto si ha bisogno per vivere; in uno stato di natura.
Giovanni Negri
Brusciano
Caro Giovanni,
non mi piace fare il bastiancontrario. Però, prima di parlare di favola, vorrei avere tutti gli elementi della storia. C’è solo il lieto fine: il bambino è stato ritrovato solo con qualche graffio ed è tornato sano e salvo a casa sua. Non quadra, però, quello che è successo prima. Le domande, che si è fatta anche la procura di Firenze, sono ancora tante e dovranno trovare una risposta. Nicola è andato a letto con le scarpe? Può essere, ma è molto strano. Un bambino di 21 mesi, seppur cresciuto in campagna e non con la balia in un appartamento di città, è in grado di camminare per tre chilometri nel buio di un bosco come un piccolo Indiana Jones? Non ci credo. I genitori lasciano la porta aperta anche di notte, in modo che i loro figli possano uscire di casa tranquillamente o qualcuno possa entrarci indisturbato. E poi il caso analogo del fratellino di un anno fa. Un giornalista che ha un attacco di panico, scende dall’auto, resta senza testimoni e proprio in quel punto, come un ago in un pagliaio, sente i lamenti del bimbo. Un po’ troppo anche per una favola senza il lupo e la rugiada.
Federico Monga
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