La lotta alle mafie ​non ammette distinguo

La lotta alle mafie non ammette distinguo
Gentile direttore, ho letto la sua intervista al nuovo arcivescovo di Napoli e debbo dire che sono rimasto favorevolmente...

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Gentile direttore,


ho letto la sua intervista al nuovo arcivescovo di Napoli e debbo dire che sono rimasto favorevolmente impressionato dalle dichiarazioni di don Mimmo Battaglia. Ha parlato il linguaggio della semplicità e dell’immediatezza, e soprattutto ha iniziato da “casa proprio”, ovvero la Chiesa. Ha chiesto ai preti di arrivare fino al martirio, se necessario, nella lotta alla camorra. Grande testimonianza, occorreva una Chiesa che parlasse senza fronzoli. A Napoli occorrono preti di strada, che si facciano carico dei problemi delle persone aiutandole ad avere modelli positivi e a rinnegare la camorra come sistema di vita. Grazie a don Battaglia, che in questi primi mesi sta dando un bell’esempio alla Chiesa, ai Napoletani, a tutti noi.

Fabrizio Merolla
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Caro Fabrizio,
ho sempre diffidato dei manichei. Dividere il mondo tra buoni e cattivi, tra onesti e disonesti, tra per bene e per male mi è sempre sembrato un modo di intendere la vita molto pericoloso, quasi uno scivolo preoccupante verso le dittature. Ci sono però, poche, eccezioni. Una di queste è sicuramente la lotta alla mafia, alla ’ndrangheta e alla camorra. Non sono ammesse zone grige, nemmeno nel pensiero. O si sta al di qua o si sta al di là della barricata. Soprattutto chi ha la fortuna di non cadere sotto il gioco delle minacce non deve cadere nella tentazione della disputa intellettuale più da salotto che da strada. Insomma capisco il commerciante che, per paura, piega la testa, paga il pizzo e tace. Non tutti hanno il coraggio del siciliano Condorelli. Per onestà non sono sicuro nemmeno di averlo io. Non comprendo invece l’attore, lo scrittore, il professionista che spacca il capello in quattro. Ha detto bene l’arcivescovo Battaglia: così si rende ancora più fertile il terreno della criminalità organizzata. 

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Il Mattino