Statali, l'orgoglio si ritrova solo se si accetta il merito

Statali, l'orgoglio si ritrova solo se si accetta il merito
Gentile Direttore, leggo e le riporto. «Il mio obiettivo è ridare ai dipendenti pubblici l’orgoglio e l’onore di far parte della Pubblica Amministrazione....

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Gentile Direttore,
leggo e le riporto. «Il mio obiettivo è ridare ai dipendenti pubblici l’orgoglio e l’onore di far parte della Pubblica Amministrazione. Essere dipendenti pubblici significa fare l’interesse del Paese». Un tempo i dipendenti pubblici prestavano giuramento. Andrebbe reintrodotto? «Sì, sono d’accordo. Purchè non sia soltanto un pennacchio». Così il Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta alle domande del Mattino. Una volta, nella scuola, la cerimonia del giuramento veniva vissuta con viva commozione e rappresentava, per colui che giurava, un impegno serio e «compromettente», per avviarsi alla professione docente. Non un pennacchio, certamente. La cerimonia era divisa in due tempi. Nel primo anno di servizio si prestava la promessa, nel secondo anno la promessa diventava vero e proprio impegno, nei confronti della Scuola e del Paese. Era una cosa seria. È proponibile, oggi, sic stantibus rebus, l’introduzione di tale «cerimonia» per dare ai dipendenti pubblici l’orgoglio e l’onore di far parte della Pubblica Amministrazione?

Luigi Antonio Gambuti
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Caro Luigi,


in questi ultimi decenni il numero dei dipendenti pubblici è stato fortemente ridotto per ragioni di bilancio. In alcuni casi, come nel comparto sanitario, hanno prevalso esclusivamente calcoli da ragionieri. Gli effetti, durante questa pandemia, sono sotto gli occhi di tutti. Quello che abbiamo risparmiato con i tagli e il blocco del turn over lo abbiamo ripagato e lo ripagheremo con gli interessi durante e dopo il Covid e non solo in termini di vite umane. Se usciamo dagli ospedali e passiamo agli enti locali il saldo tra dare e avere certo non migliora. Avere meno dipendenti ha significato meno servizi, minor capacità di spesa dei fondi soprattutto europei e quindi meno progetti, meno investimenti, meno cantieri, meno lavoro, meno prodotto interno lordo. All’interno della macchina statale e pubblica restano, sempre meno a dire il vero, grandi professionalità. Credo che l’orgoglio e il rilancio degli statali, così come dei professori, passi solo l’accettazione della possibilità di essere valutati per il loro operato, per gli obiettivi raggiunti e di conseguenza di essere pagati (anche) in parte al merito. Sarebbe una delle riforme più decisive per il nostro paese. Quasi una rivoluzione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino