Vitti e le altre grandi: la loro eredità è il cinema

Vitti e le altre grandi: la loro eredità è il cinema
Gentile direttore, Monica Vitti è stata l’interprete del cinema di Michelangelo Antonioni, la protagonista di Dramma della gelosia e Polvere di stelle, solo per...

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Gentile direttore, Monica Vitti è stata l’interprete del cinema di Michelangelo Antonioni, la protagonista di Dramma della gelosia e Polvere di stelle, solo per citarne qualcuno. Mattatrice e regina della commedia all’italiana, ha portato in primo piano le donne nel cinema. In una delle sue ultime interviste disse: «Con i miei film credo di aver insegnato alle donne a saper convivere con nevrosi e insicurezze e con la paura che gli amori finiscano. Il segreto della mia comicità? È la ribellione di fronte alle angosce della vita». Recitare è stata la passione della sua vita. È vero, mancava sulle scene da decenni. Ma ora dove sta andando il cinema italiano, soprattutto al femminile. La tradizione della Vitti ha delle convincenti eredi?

Antonio Cascone
Padova

 

Caro Antonio, quel gigante di Mario Monicelli sosteneva che «Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega». Insomma il cinema è nato e, come le altre arti, non potrà più morire, è un’esperienza di cui avremo bisogno, una macchina che nella sua assoluta modernità risponde a un’istanza fuori dal tempo. Il cinema è come il sogno e dalla caverna di Platone in poi l’umanità ha continuato a sognare senza interruzioni. Gli attori e le attrici sono gli interpreti di questo sogno. Monica Vitti, lo dico da profano, da semplice frequentatore di cinema, è stata una pietra miliare della cultura italiana, ma non posso pensare che un’arte come il cinema, un Paese come l’Italia fermi, specialmente nella rappresentazione dell’esistente, a guardare il passato. Non so se ci saranno altre Vitti, altre Magnani o altre Loren. So di certo però che ci sarà qualcun altro che terrà accesa il fuoco della creatività e la luce in fondo alla sala. 

Federico Monga

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Il Mattino