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La regina Elisabetta II moriva a 96 anni l’8 settembre di un anno fa, e in Gran Bretagna non si farà niente per commemorarla. Non ci saranno cerimonie pubbliche, e neppure private. Re Carlo III e la regina Camilla passeranno la giornata insieme a Balmoral, gli altri Windsor se ne staranno per i fatti loro. Il principe Harry sarà a Londra per una sua charity, ma non vedrà nessuno dei parenti. Può sembrare strano che il primo anniversario della morte di una personalità tanto amata e tanto rispettata passi nel silenzio più totale, senza discorsi e commemorazioni. Ma dal punto di vista britannico è giusto che sia così: morto un re se ne fa un altro, la monarchia prosegue senza interruzioni il suo percorso nella storia, e ricordare con nostalgia il passato sminuisce il valore del presente e del sovrano che sta sul trono. E poi, fanno sapere a Buckingham Palace, Carlo non fa altro che imitare sua madre, che aveva sempre ricordato l’anniversario della morte del padre Giorgio VI da sola nella tenuta di Sandringham, dove quel coraggioso sovrano era nato e morto.
IL RICORDO
Meglio così. Dopo un regno tanto lungo e meritevole, non si sente il bisogno di discorsi gonfi di retorica. Carlo ha ricordato la madre con parole toccanti subito dopo la sua morte e nel primo discorso di Natale: quello che c’era da dire è stato detto. Un comitato sta studiando la realizzazione di un memoriale, ma bisogna farlo bene e le cose andranno per le lunghe. Il Re ha inaugurato una statua della madre a York e un’altra, con i corgi, è stata innalzata nel Rutland. Chi vuole intitolare a Elisabetta strade, parchi, scuole o edifici pubblici dovrà chiedere un permesso, che sarà accordato con parsimonia e solo se il progetto sarà dignitoso e appropriato. È il tipico understatement inglese, che cela i sentimenti e detesta le ostentazioni, ma che rivela allo stesso tempo una realtà: Elisabetta viene dimenticata più in fretta di quanto si pensasse anche perché suo figlio sta facendo molto bene il suo nuovo lavoro.
IL PIANO
La famiglia, ad esempio. Andrea è fuori, e per sempre. Harry può tornare quando vuole, ma senza Meghan, considerata inaffidabile e troppo concentrata su sé stessa. I royal che non lavorano per l’istituzione non riceveranno più l’appannaggio e dovranno trovarsi un lavoro e una casa. I Windsor in servizio sono oggi troppo pochi per occuparsi delle migliaia di impegni previsti, ma Carlo dà l’esempio lavorando fino a notte fonda e addormentandosi alla scrivania. Il Re sa che per fare accettare la monarchia quando toccherà a William bisogna non solo lavorare sodo, ma anche ridurre le spese. Ha rinunciato ai profitti di sei nuovi parchi eolici del Crown Estate chiedendo che i proventi siano utilizzati per il bene pubblico e ha accettato una riduzione dal 25 al 12% della quota sui guadagni del ducato di Lancaster che il governo gli versa per le spese. Chiuderà molte residenze reali, e licenzierà un manager ogni cinque. Dicono che non sopporti più che per fare una cosa a palazzo occorrano tre persone: una per farla e due per controllarla. Non sopporta nemmeno che gli si dica: «Ma la Regina voleva così». Lo accuseranno di non rispettare i diritti dei lavoratori, ma chi lascia il servizio reale trova sempre un nuovo impiego in cinque minuti. Quando incontra la gente, Carlo si lascia toccare e fotografare, risponde alle domande, è affabile e spiritoso. Invecchiando, il suo aspetto è migliorato e oggi sembra proprio un re: elegante, magnanimo e finalmente sicuro di sé. Ai tempi di Diana tutti cercavano solo la principessa e nessuno si occupava di lui, ma con Camilla è diverso, perché lei gli lascia tutto lo spazio, lo supporta e sta tre passi indietro, come faceva Filippo con Elisabetta. Tutto va bene, la popolarità di entrambi cresce e il “Times” ha scritto che Carlo «ha dimostrato di essere più agile e sensibile delle previsioni pessimistiche di quando era principe del Galles». Ora deve far sopravvivere la monarchia, fondata sul diritto di nascita e sul privilegio, in un mondo nel quale queste due condizioni non sono più ritenute sufficienti a diventare capo di uno stato. Ma il caotico sistema parlamentare e di governo della Gran Bretagna è stato costruito così perché c’era anche un sovrano, e forse non può farne a meno: «La monarchia fornisce, con la costituzione, - ha detto la saggia principessa Anna -, un grado di stabilità a lungo termine che è in realtà piuttosto difficile da ottenere in qualsiasi altro modo». Anche Carlo dovrà dunque cambiare tutto, perché nulla cambi.
Il Mattino