Ecco, ci sono momenti in cui anche nella storia della gastronomia bisogna fare un po' i conti e mettere uno in fila all'altro i vari elementi che compongono il quadro....
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E oggi che cosa sta accadendo proprio in questa capitale mondiale della pizza? Sono tuttora rintracciabili i tratti salienti di una tradizione plurisecolare? E chi sono gli epigoni, chi rappresenta la nouvelle vague e traccia il nuovo corso? Proviamo a delineare una sorta di tassonomia. Dunque senza dubbio la famiglia Condurro nelle sue diverse diramazioni e presenze in città, soprattutto Da Michele in Via Sersale, detiene il primato della pizza napoletana antica, quella lievitata oltre un giorno con il criscito prima nella madia, con cornicione basso e disco extra large. La pizza napoletana nuova, caratterizzata soprattutto dalla farcitura con materie materie prime eccellenti dal pomodoro all'olio extra vergine di oliva ha avuto come caposcuola Enzo Coccia. Ciro Salvo ha aperto la strada, per poi assestarsi un tantino al di qua, alla pizza napoletana nuovissima a cui guardano oggi soprattutto i giovani pizzaioli poco più che ventenni, due a caso Carlo Sammarco e Enzo Bastelli. Si tratta di idratazione dell'impasto spinta fino al 70%, cornicione pronunciatissimo, a canotto, con grandi alveolature, disco sottile di dimensioni che non arrivano al bordo del piatto, grande fantasia nelle farciture. Gianfranco Iervolino, ritornato ora all'utilizzo della farina fiore, è stato invece il primo grande interprete della pizza diversamente napoletana, quella per intenderci che, nonostante nasca dalle farine semi-integrali o da grani diversi dal frumento, conserva la morbidezza e la scioglievolezza dell'impasto trasformandolo in un goloso boccone unico. Quale sarà allora la pizza napoletana del futuro? Sarà esattamente questa che oggi si ritrova in città di Napoli nelle sue diverse sfaccettature tassonomiche e si replica magnificamente oltre. Altrove.
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Il Mattino