Di Grassi (Audi) anticipa la stagione 5: «Tanta potenza in più e niente cambio auto»

Lucas di Grassi a bordo della sua Audi e-tron FE04
La Formula E è di fronte a un futuro davvero elettrizzante. Lo sostiene Lucas di Grassi. Che non è soltanto uno dei migliori piloti della categoria ma anche il...

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La Formula E è di fronte a un futuro davvero elettrizzante. Lo sostiene Lucas di Grassi. Che non è soltanto uno dei migliori piloti della categoria ma anche il più autorevole opinionista di questa specialità. Nessun altro pilota conosce la Formula E come lui. 34 anni, brasiliano ma di origini italiane (il nonno era pugliese, di Polignano a mare), Di Grassi non è soltanto il vice-campione 2018 della categoria elettrica. Ma è anche il pilota che ha sviluppato il prototipo della Formula E sei anni fa per conto dell’organizzatore. Poi, nel settembre 2014, Di Grassi, vincendo la corsa inaugurale a Pechino, è diventato il primo pilota nella storia del motorsport ad aggiudicarsi una competizione con una vettura elettrica. Da allora con l’Audi ha vinto 8 gare in Formula E, ha ottenuto 27 podi e un titolo (2017) portando, grazie ai suoi risultati quest’anno, l’Audi alla vittoria nel campionato Costruttori. Di Grassi ha seguito l’intera evoluzione tecnica della Formula E dagli albori ad oggi ed è il più autorevole testimone per giudicare il futuro della categoria. Che nel 2019 affronterà una svolta generazionale con una monoposto radicalmente nuova provvista di batteria più potente che ne raddoppierà l’autonomia.


La Formula E potrà quindi disputare un’intera gara senza dover cambiare vettura al pit stop. Cosa cambierà?
«Ho già avuto modo di collaudare la nostra nuova Audi e-tron FE05. È un enorme passo in avanti non soltanto nella batteria, ma in ogni dettaglio. La potenza è nettamente superiore (340 cavalli, ndr) e si avverte sensibilmente. La macchina è davvero spettacolare nella guida in pista».

Tra le curiosità della Formula E generazione 2 c’è anche l’Halo, l’anello protettivo di acciaio sopra l’abitacolo che si usa anche in Formula 1. Che ne pensi?
«A me non piace molto: dipendesse da me, l’avrei realizzata diversamente. Ma devo dire che l’Halo non mi ostacola la visibilità. Bastano due giri per abituarsi alla sua presenza».

Pensi che nel 2019, con gare senza gli imprevisti dei pit stop, le corse diventeranno più scontate?
«In tante occasioni il pit stop ha provocato dramma e tensioni fra i concorrenti. Sono un po’ preoccupato di affrontare nel 2019 gare senza soste perché nel nostro team ha rappresentato un’opportunità per guadagnare posizioni. Ma sono fiducioso che arrivi qualche trovata per rimescolare lo spettacolo».

In più occasioni quest’anno hai seguito da vicino in corsa Vergne senza riuscire a superarlo. Non credi che la Formula E stia diventando come la Formula 1 dove i sorpassi sono troppo difficili?
«Non è vero. Nella stagione appena finita abbiamo visto un’infinità di sorpassi. Più che in ogni altra categoria. Io stesso ho fatto tante rimonte dalle retrovie. In certi casi è il tracciato cittadino tortuoso che non facilita i sorpassi e devi accontentarti. Ma con l’uso di differenti livelli di energia e strategie variabili, la Formula E permette grandi possibilità di sorpasso».

Quest’anno sei finito secondo, nel 2017 avevi vinto il titolo. In quale occasione avevi l’auto più competitiva?
«Nell’ultima stagione la nostra Audi FE04 era la più competitiva di tutte, come si è visto dalla nostra rimonta in campionato una volta risolti i guai tecnici iniziali. Come team, siamo andati 11 volte a podio, più che in qualsiasi altra stagione».

In quale aspetto l’Audi era superiore alle rivali?
«La nostra FE04 si è dimostrata la più efficiente di tutte nella distanza di gara. Merito della tecnologia del gruppo motore-trasmissione, che è poi l’unico aspetto su cui un costruttore in Formula E può intervenire».

Qual è la miglior qualità della Formula E rispetto ad altre specialità e quale invece il difetto principale?

«Il pregio è che ci sono dieci team competitivi e venti piloti tutti in grado di vincere perché le prestazioni sono molto ravvicinate. Questo crea spettacolo perché c’è imprevedibilità per il risultato. Il difetto? Ci vorrebbero almeno cinque gare in più!». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino