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Tra il futuro e il passato, è meglio scegliere tutti e due. Così devono aver pensato a Hethel, un nome che ai più non dice nulla e invece agli appassionati di auto – in particolare quelle inglesi – fa battere il cuore. Questo villaggio da meno di 500 anime, che si trova nella contea di Norfolk, è dal 1966 la sede di Lotus, il costruttore che negli anni ’60 e ’70 fece venire parecchi mal di testa ad Enzo Ferrari vincendo 13 titoli mondiali di Formula 1. A crearla fu Colin Chapman che, con celebri frasi come «aggiungere potenza ti fa andare più veloce in rettilineo, sottrarre peso ti fa andare più veloce ovunque», canonizzò lo spirito e le regole fondamentali della sportività d’Oltremanica.
Dopo anni di genio, sregolatezza (finanziaria) e gloria, la Lotus ne ha avuti parecchi di travaglio, ma sembra aver trovato la giusta solidità nel 2017 con l’arrivo di Geely. Il gruppo cinese – che controlla anche Volvo, Polestar e Lynk&Co., metà della Smart e ha il 9,69% di Daimler AG – ha dato denari, manager e un piano denominato Driving Tomorrow che porterà la casa inglese a presentarsi al suo 80° compleanno nel 2028 completamente trasformata, ma senza dimenticare le proprie radici.
Quest’ultime sono incarnate dalla nuova Emira, nome in codice Type 131 ed erede della Elise e della Exige.
Lotus li chiama “lifestyle models”. Il 2026 sarà invece il turno della LEVA (Lightweight Electric Vehicle Architecture) che darà vita alla sportiva Type 135 e farà da base anche per l’erede dell’Alpine A110. Il progetto prevede tuttavia diverse varianti a 2 o 4 posti con motore singolo da 350 kW o doppio da 650 kW e due tipi di batteria: “chest” (petto, in inglese) da 66,4 kWh o 99,6 kWh, piazzata in posizione centrale alle spalle del pilota, e “slab” (lastra) sdraiata sotto il fondo vettura da 66,4 kWh. La quarta architettura è invece patrimonio esclusivo della Evija, hypercar con scocca in fibra di carbonio dotata di 4 motori elettrici per un totale di 1.472 kW (leggansi 2.001 cv) e 1.700 Nm per uno 0-100 in meno di 3 secondi, 0-300 in 9 secondi e una velocità massima di 200 miglia orarie (324 km/h).
La batteria, sviluppata da Williams è ricaricabile all’80% in 12 minuti ed è estraibile così che è possibile montarne in breve tempo di diverso tipo. Il prezzo è di 2 milioni di sterline per ognuno dei 130 esemplari previsti, giusto per ricordare che il codice interno di questo fulmine su 4 ruote è Type 130. Per questa svolta elettrica, Lotus si avvale anche dell’apporto finanziario di Nio, costruttore cinese celebre per la ipersportiva EP9, la sua partecipazione alla Formula E e il suo sistema di scambio della batteria per il quale ha depositato 1.200 brevetti.
E non basta. La casa inglese supporta il team JXBE, dell’ex campione di Formula 1 Jenson Button e che corre in Extreme E, e sta aprendo centri di design, ricerca e sviluppo in Warwickshire, Cina, Svezia, Usa e Germania nonché uno stabilimento nuovo di zecca a Wuhan con un investimento 8 milioni di yuan (1,14 miliardi di euro) e una capacità di 150mila unità all’anno, più dei 110mila prodotti da Lotus in tutti i suoi 74 anni di storia.
Qui si faranno i “lifestyle models” mentre a Hethel rimarrà la “factory” dove le sportive continueranno ad essere fatte a mano seguendo lo spirito autentico di Colin Chapman. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino