Acerra, l'anatema del vescovo: «Non diventi la pattumiera della Campania»

Acerra, l'anatema del vescovo: «Non diventi la pattumiera della Campania»
Acerra «non diventi veramente la pattumiera della Campania». È l'appello lanciato dal vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, che esprime...

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Acerra «non diventi veramente la pattumiera della Campania». È l'appello lanciato dal vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, che esprime «forte rammarico perché per l'ennesima volta apprendiamo dai giornali che la Regione Campania ha dato il via libera ad una ditta che si occuperà di realizzare, in zona industriale di Acerra un impianto in grado di stoccare i cosiddetti rifiuti speciali. Se così fosse - aggiunge monsignor Di Donna - basta, noi non ci rassegniamo. Lo abbiamo detto e scritto tante volte in questi anni, e lo ribadiamo con forza adesso, anche alla luce dei fatti delle ultime settimane, che ci fanno pensare sempre più a un disegno strategico, da tempo denunciato, di fare di Acerra la città dei rifiuti, superando addirittura una pur legittima e brutale sensazione, e cioè che il nostro territorio generi solo rifiuti e impianti per il trattamento dei rifiuti».


Il vescovo chiede se «è possibile che ad Acerra ci sia solo spazio per aziende che trattano rifiuti, mentre un gioiello come La Doria, fabbrica che lavora i sughi pronti presente da anni sul territorio, azienda modello che ho visitato proprio in questi giorni la cui permanenza in città rappresenterebbe un segno concreto di speranza nel futuro per le tante famiglie di lavoratori coinvolti, ma anche per uno sviluppo sano e a vocazione agricola, debba andare via».

Secondo monsignor Di Donna «è giunto il tempo di superare una visione miope e quasi schizofrenica, che mentre promette uno sviluppo autentico delle nostre terre a vocazione agricola, non mette al riparo il territorio da attività che, pur dichiarando una non pericolosità tutta da verificare per la carenza di controlli, nulla hanno in comune con l'identità delle nostre terre. Vista la capacità di accoglienza del nostro territorio, perché non creare le condizioni per un polo industriale che metta realmente insieme sviluppo agricolo, culturale e archeologico delle nostre terre?», conclude monsignor Di Donna. ​ Leggi l'articolo completo su
Il Mattino