Hinterland rosso sangue. Tre omicidi di camorra in appena settantadue ore. Il filo criminale, partito sabato scorso a Mugnano dove un venditore ambulante, Giovanni Pianese,...
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Ad avvertire i carabinieri sarebbe stata una telefonata anonima che segnalava un'auto incendiata, una Fiat Cinquecento L, sul bordo di via Pigna, una stretta strada che taglia in due la campagna che collega Orta di Atella a Pascarola, la frazione industriale di Caivano. I militari dalla compagnia di Marcianise, diretta dal capitano Luca D'Alessandro, e i carabinieri della caserma di Orta di Atella hanno immediatamente notato alcuni fori di proiettili nello sportello del lato di guida e a meno di venti metri dal veicolo, nascosto dalle erbacce, è stato poi ritrovato il cadavere di Ferdinando Fenicia.
Il corpo della vittima era crivellato di colpi, almeno una decina, la maggior parte esplosi da distanza ravvicinata con una pistola calibro nove, l'arma «preferita» dalla camorra per le sue esecuzioni, con il colpo di grazie alla testa che ha reso quasi impossibile la identificazione. Che è avvenuta solo qualche ora dopo, grazie al numero di telaio dell'auto, che è risultata intestata alla moglie della vittima. Dalla posizione dei bossoli ritrovati e dal particolare dell'auto data alle fiamme, gli inquirenti hanno ricostruito in parte la dinamica dell'omicidio.
Ferdinando Fenicia sarebbe stato attirato in trappola da qualcuno di cui si fidava, una persona che probabilmente era a bordo della Cinquecento L, che è stata poi incendiata per far sparire eventuali prove. L'assassino (o forse più di uno), quando l'auto con la vittima designata è arrivata in via Pigna, ha esploso il colpo che ha forato lo sportello del lato guida. Fenicia, forse già ferito, sarebbe riuscito a scendere dalla vettura, correndo verso le alte erbacce del campo incolto. Ma inseguito dal killer, che ha esploso una serie di colpi in rapida successione, la vittima è stramazzata a terra faccia in giù, offrendo la nuca per il colpo di grazia.
Un omicidio di chiaro stampo camorristico, che al momento lascia spiazzati gli inquirenti per le brutali modalità con il quale è stato portato a segno, roba che nel codice dei clan è riservata ai boss di primissimo livello. La vittima, che pure era finita sotto la lente dei carabinieri per una ventilata affiliazione al clan Pezzella, non era considerato un elemento di alto spessore criminale tale da essere ucciso alla maniera dei boss. Fenicia era stato arrestato nel 2005, nel corso dell'operazione «Terra Bruciata», quando i carabinieri stroncarono un traffico di droga tra la Spagna e l'Italia, con quintali di stupefacenti fatti arrivare nel Napoletano nascosti nelle bare. Da allora non aveva avuto più problemi con la giustizia.
L'indagine, dopo il primo intervento dei militari della compagnia di Marcianise, su disposizione della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli è stata affidata ai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna. Per tutto il pomeriggio di ieri e fino a notte fonda, gli inquirenti hanno sentito alcuni familiari della vittima per ricostruire i movimenti delle ultime ore di vita di Ferdinando Fenicia. Al momento gli investigatori avrebbero escluso ogni collegamento con gli omicidi di Giovanni Pianese e Vincenzo Mariniello. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino