Il coraggio civile della denuncia e la voglia di ricominciare. L'impegno contro la camorra raccontato in nove storie, quelle di imprenditori coraggiosi che sono riusciti a...
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Alba di fuoco
Ad Antonio Seccia gli esattori del racket distrussero il bar che si trova a due passi dalla Questura. Era l'alba del 19 febbraio 2010: «Quando dopo tanti anni di sacrifici vidi il bar completamente distrutto dalle fiamme rimasi senza parole. Ero impietrito, mi sentivo inerme; poi però sentii esplodere la rabbia che pian piano si trasformò in forza». Anche grazie alla Fai il bar riaprì poco dopo, e i presunti attentatori vennero arrestati.
Gli avvoltoi di Bagnoli
«La prima volta vennero sotto Natale: Sapete che dovete pagare? Domani passerà il ragioniere, fate trovare pronti i soldi». Ranieri Bolognesi e sua moglie avevano investito tutto nella piccola salumeria; rifiutandosi di pagare la «rata di Natale» misero anche nel conto la ritorsione. E il raid arrivò, puntuale, due sere dopo: con un incendio che mandò in fumo e cenere tutto. Pochi giorni dopo a bruciare fu la sua auto, parcheggiata sotto casa; e - non ancora contenti - i camorristi incendiarono una seconda volta il minimarket che aveva ricostruito. «Grazie alla mia denuncia - racconta - vennero arrestate quattro persone, ci fu un processo ed io, con la Fai, mi costituii parte civile. Oggi quella piccola bottega è diventata uno spazio commerciale di 220 metri quadri con un fatturato in attivo e che dà lavoro a tante persone».
Come sanguisughe
Esemplare è la vicenda dei fratelli Pietro e Mario Mango. «Nel 2003 - ricostruisce Pietro - alcuni esponenti del clan Contini cominciano a attenzionare la nostra società, chiedendoci una cifra esorbitante: 30mila euro in cambio della protezione. Quando si accorsero che avevamo difficoltà economiche, tentarono di portarci al fallimento per poi offrirci prestiti usurai». Un lungo periodo di sopraffazioni e soprusi. Grazie al sostegno per le vittime del racket previsto dallo Stato, e alla presenza della Fai i fratelli Mango hanno resistito. Oggi danno lavoro a 40 persone nella nuova azienda inaugurata a Capodichino.
Sofia e gli altri
Ma di storie da raccontare ce ne sarebbero molte altre. Sofia Ciriello, Lucio Cerasuolo, Matteo Cutolo, Ciro Coppola, Vittorio Gallinoro, Pietro Russo e molti altri ancora. Napoletani e casertani: gente onesta che dice «no» alla camorra. Se oggi non hanno più paura, se ci mettono la faccia è grazie alla Fai. Perché insieme si vince. E niente, nessuno, nemmeno le mafie, sovrastano l'impegno collettivo. «Ci mettiamo sempre la faccia», afferma il coordinatore regionale delle associazioni Fai in Campania Luigi Ferrucci. Nonostante le storie a lieto fine e l'aumento delle denunce, il questore di Napoli Antonio De Iesu invita a non abbassare la guardia: perché, spiega, «il fenomeno del racket è preoccupante: lo dimostrano gli ultimi arresti. Le forze di polizia devono dare risposte, creando un rapporto di fiducia con le vittime che si sentono sole con la loro angoscia e anche con la paura di subire azioni criminali anche contro la propria famiglia».
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Il Mattino