Antiracket, nove storie di coraggio: «Così abbiamo battuto la camorra»

Antiracket, nove storie di coraggio: «Così abbiamo battuto la camorra»
Il coraggio civile della denuncia e la voglia di ricominciare. L'impegno contro la camorra raccontato in nove storie, quelle di imprenditori coraggiosi che sono riusciti a...

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Il coraggio civile della denuncia e la voglia di ricominciare. L'impegno contro la camorra raccontato in nove storie, quelle di imprenditori coraggiosi che sono riusciti a vincere la paura, scardinando quel muro di omertà che fa sentire forti e invincibili i clan. Il fenomeno del racket raccontato dalle vittime, da chi si è ribellato: le storie di alcuni di questi silenziosi eroi civili vengono alla luce da una raccolta di scritti curati dalla Federazione antiracket e antiusura italiana e presentati ieri nella sala giunta del Comune. A decidere di raccontarle è stato Tano Grasso, presidente nazionale della Fai, che a Napoli continua da anni a lavorare nel delicato ruolo di «accompagnamento» delle vittime del «pizzo» e dell'usura lungo il percorso della denuncia. «Queste storie - dichiara Grasso - si concludono con un saldo attivo che in alcuni casi è rilevante perché questi imprenditori, dopo aver denunciato, hanno visto crescere la propria azienda e il numero dei dipendenti. Grazie alla legge dello Stato che risarcisce il danno e grazie alla rete di solidarietà e di sensibilità, oggi chi denuncia non si trova in una condizione di solitudine e non è destinato alla sconfitta». All'incontro erano presenti il sindaco Luigi de Magistris, il vicesindaco Raffaele Del Giudice, l'assessore Alessandra Clemente, i vertici delle forze dell'ordine, il referente di Libera Campania, Fabio Gentili, e il prefetto Domenico Cuttaia, commissario straordinario per le iniziative antiracket ed antiusura.

 
Alba di fuoco
Ad Antonio Seccia gli esattori del racket distrussero il bar che si trova a due passi dalla Questura. Era l'alba del 19 febbraio 2010: «Quando dopo tanti anni di sacrifici vidi il bar completamente distrutto dalle fiamme rimasi senza parole. Ero impietrito, mi sentivo inerme; poi però sentii esplodere la rabbia che pian piano si trasformò in forza». Anche grazie alla Fai il bar riaprì poco dopo, e i presunti attentatori vennero arrestati.

Gli avvoltoi di Bagnoli
«La prima volta vennero sotto Natale: Sapete che dovete pagare? Domani passerà il ragioniere, fate trovare pronti i soldi». Ranieri Bolognesi e sua moglie avevano investito tutto nella piccola salumeria; rifiutandosi di pagare la «rata di Natale» misero anche nel conto la ritorsione. E il raid arrivò, puntuale, due sere dopo: con un incendio che mandò in fumo e cenere tutto. Pochi giorni dopo a bruciare fu la sua auto, parcheggiata sotto casa; e - non ancora contenti - i camorristi incendiarono una seconda volta il minimarket che aveva ricostruito. «Grazie alla mia denuncia - racconta - vennero arrestate quattro persone, ci fu un processo ed io, con la Fai, mi costituii parte civile. Oggi quella piccola bottega è diventata uno spazio commerciale di 220 metri quadri con un fatturato in attivo e che dà lavoro a tante persone».

Come sanguisughe
Esemplare è la vicenda dei fratelli Pietro e Mario Mango. «Nel 2003 - ricostruisce Pietro - alcuni esponenti del clan Contini cominciano a attenzionare la nostra società, chiedendoci una cifra esorbitante: 30mila euro in cambio della protezione. Quando si accorsero che avevamo difficoltà economiche, tentarono di portarci al fallimento per poi offrirci prestiti usurai». Un lungo periodo di sopraffazioni e soprusi. Grazie al sostegno per le vittime del racket previsto dallo Stato, e alla presenza della Fai i fratelli Mango hanno resistito. Oggi danno lavoro a 40 persone nella nuova azienda inaugurata a Capodichino.

Sofia e gli altri

Ma di storie da raccontare ce ne sarebbero molte altre. Sofia Ciriello, Lucio Cerasuolo, Matteo Cutolo, Ciro Coppola, Vittorio Gallinoro, Pietro Russo e molti altri ancora. Napoletani e casertani: gente onesta che dice «no» alla camorra. Se oggi non hanno più paura, se ci mettono la faccia è grazie alla Fai. Perché insieme si vince. E niente, nessuno, nemmeno le mafie, sovrastano l'impegno collettivo. «Ci mettiamo sempre la faccia», afferma il coordinatore regionale delle associazioni Fai in Campania Luigi Ferrucci. Nonostante le storie a lieto fine e l'aumento delle denunce, il questore di Napoli Antonio De Iesu invita a non abbassare la guardia: perché, spiega, «il fenomeno del racket è preoccupante: lo dimostrano gli ultimi arresti. Le forze di polizia devono dare risposte, creando un rapporto di fiducia con le vittime che si sentono sole con la loro angoscia e anche con la paura di subire azioni criminali anche contro la propria famiglia».

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Il Mattino