«Non voglio morire senza sapere chi sia e dove si trovi mio fratello. Si faccia forte, presenti un'istanza al Tribunale per conoscere il nome dei suoi genitori...
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La storia comincia l'8 gennaio 1951, quando Antonietta nasce a Roma da una donna troppo giovane per prendersene cura. Successivamente viene adottata dai Malandruccolo che nel 1966 si stabiliscono a Windsor, nell'Ontario, dove Antonietta è ancora residente. «Sono stata amata come una figlia biologica - racconta la donna - La mia famiglia adottiva non mi ha mai fatto mancare nulla, ma ho sempre avvertito la forte esigenza di ritrovare le mie radici e conoscere i miei parenti di sangue». Così, nel 1972, Antonietta dà il via alle ricerche. Effettua delle verifiche nell'istituto per ragazze madri di Roma dove è nata, poi passa al setaccio il brefotrofio di Tastevere dove ha trascorso i primi giorni di vita, infine affronta un viaggio in Australia per seguire una pista che si rivelerà falsa. Risultati? Zero. Solo nel 2015, dopo aver incaricato un avvocato napoletano e presentato varie istanze al Tribunale, riesce ad avere notizie certe sulla madre e persino a incontrare alcuni parenti biologici.
Le ricerche, però, rivelano un altro aspetto: Antonietta ha un fratello maggiore che dovrebbe chiamarsi Antonio e del quale non conosce l'esatta data né il luogo di nascita. «Non so nemmeno se sia stato adottato o se abbia cambiato nome - aggiunge la donna - ma è possibile che sia venuto alla luce tra il 1946 e i primi quattro mesi del 1948 tra la penisola sorrentina, Pompei, Torre Annunziata e Torre del Greco. In queste zone, infatti, c'erano molte cliniche dove sono nati numerosissimi bambini e che sono state successivamente chiuse. Antonio potrebbe essere stato affidato al brefotrofio dell'Annunziata di Napoli e battezzato nella chiesa dell'Annunziata». Per abbracciare questo fratello, adesso, Antonietta è pronta a sfidare ancora una volta i silenzi, i ricordi sbiaditi e gli ostacoli della burocrazia, oltre che a rivolgere appelli attraverso trasmissioni televisive e testate giornalistiche proprio come ha fatto per la madre: «La legge è cambiata, i Tribunali accettano più facilmente le istanze di chi desideri conoscere il nome dei propri genitori biologici - conclude la 66enne italocanadese - Sono sicura che, se dovessimo incontrarci, mio fratello e io ci riconosceremmo all'istante perché il sangue non è acqua. Ad Antonio voglio dire solo una cosa: ti aspetto». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino