Pietro Ioia, arrestato il garante dei detenuti di Napoli: «Mi servono i soldi per il motorino per mio figlio a Natale»

Pietro Ioia, arrestato il garante dei detenuti di Napoli: «Mi servono i soldi per il motorino per mio figlio a Natale»
Il carcere di Poggioreale è «l’albergo», Pietro Ioia «l’avvocato», la cocaina diventa «i documenti», i cellulari i...

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Il carcere di Poggioreale è «l’albergo», Pietro Ioia «l’avvocato», la cocaina diventa «i documenti», i cellulari i «cosarielli», l’hashish il «fumo». Sono i termini che, nelle conversazioni, sono utilizzati per eludere eventuali intercettazioni. Ma il significato appare poi chiaro. «Dobbiamo fare sabato, dobbiamo andare all’albergo?» chiede Pietro Ioia a Sonia Guillari il 7 dicembre dello scorso anno. La preoccupazione è di fargli avere telefonini piccoli, più facili da nascondere eliminando, in caso di perquisizione, le schede sim per impedire di accertare telefonate e rubriche.

Nelle loro conversazioni, Pietro Ioia e Sonia Guillari usano «toni amorosi» per simulare incontri e rapporti sessuali che non avevano. «Amò, sto giù da te» dice Ioia. E lei: «Ora scendo, dai». Il 10 dicembre, lei gli dice: «Amore, guarda questa ancora deve venire...già tenevo il B&b prenotato, il completino incartato». Per una consegna, Ioia si lamenta di aver ricevuto 500 euro, quando gliene servono almeno 600 per comprare un motorino come regalo di Natale per il figlio. «Sonia, ma io devo prendere il motorino» dice il 20 dicembre 2021. Massimiliano Murolo gli consiglia discrezione e di parlare poco, perché rischia molto: «Tu dici, se tu dici, non devi parlare, così non devi parlare». E aggiunge: «Tu a Tonino De Maria non gli devi dire ho portato pure il telefono per uno».

Il riferimento è a una mancata consegna per timore di una perquisizione, che Ioia aveva giustificato con De Maria accennando all’ingresso nel giro di vendite illecite di un terzo carcerato, Vincenzo Castello, che si accredita come affidabile e dice al garante: «Non vi preoccupate, io sono come Massimo, pensate che avete a Massimo qua, sennò non mi mettevo proprio in mezzo in queste cose, Massimo mi conosce da anni».

Ed è proprio Castello, che viene accreditato da Murolo come «uno sveglio, che da Secondigliano si è trasferito a Pianura, un buon compagno che campa solo con la galera», a descrivere come l’ha fatta franca in una perquisizione improvvisa, nascondendo il telefonino. Dice a Ioia che gli chiede «ma dove te lo sei messo, nella tasca?»: «No, nella mutanda». E l’intercettazione è una lezione di come nascondere qualcosa di illegale durante una perquisizione. Dice Castello: «Me lo mangio a questo, senza che mi fa paura...lo tengo avanti, quello quando fa la perquisizione ti fa togliere prima la maglietta, cose, io poi me la giro».

Il 23 dicembre, Ioia e Sonia Guillari parlano di compenso. Lei dice: «Sono 850, ti trovi? Contateli». E si sente contare, poi Pietro Ioia propone regole certe per calcolare il suo compenso e dice: «Facciamo così, tu mi dai 250 di anticipo...500 me li dai quando tutto è fatto». Lo stesso giorno, Ioia parla con la moglie Giuseppina Vittozzi e le dice: «Io sono uscito dal carcere? Sono andato da Sonia a prendere il resto dei soldi». E conferma, ancora una volta, quello che ha accettato di fare per soldi. 

Con Murolo, il discorso di Ioia cade sulla droga introdotta in carcere. Dice il garante: «Che stai dicendo, stiamo facendo un reato di droga». E Murolo lo tranquillizza: «Mica trovano quello, trovano il telefono a loro, possono fare l’indagine per vedere di chi è il telefono...mica per altre cose». E, per rasserenarlo ancora, cerca di rassicurarlo sull’attendibilità dei tre detenuti che, nel giro, vendono in carcere i telefonini e la droga: «Pure Tonino...Nicola, per esempio è un po’ timido, ma sono ragazzi che, per esempio, se succede una cosa puoi dormire tranquillo, ma proprio tranquillo!». 

In un’intercettazione ambientale, Pietro Ioia parla con la cognata Patrizia Vittozzi. L’argomento sono le difficoltà economiche e lui le dice: «Sabato dovrei entrare due cosarielli là dentro, guadagno 500 euro, sabato me li da, eh! Perché loro li stanno prendendo su Amazon, non si trovano». In un colloquio in carcere con Donzelli, Pietro Ioia chiede se hanno ancora «fumo». E il detenuto gli risponde: «Ne abbiamo quanto ne vogliamo, ci devono dare 10mila euro, sono due lavori che non prendiamo un euro...quella là, ve la ricordate? E questa qua che è entrata ultimamente». E Ioia lo incoraggia: «E riscuotete, riscuotete...».

Sulla droga, in un’intercettazione dice Antonio De Maria: «A noi per esempio Sonia dice Tonì, Pietro può entrare...mezzo pacco di roba, 10 plance di fumo, vuole 10mila euro, io faccio i conti, mi sta bene! Che poi Sonia a Piero ci da 3000 euro e 7000 se li mette in tasca, io mi faccio i conti miei». Un quadro illuminante sul giro di introiti da migliaia di euro sulla merce introdotta in carcere. Anche se con Pietro Donzelli, Ioia si lamenta: «A me sempre 600 euro, non di più».
 

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Il Mattino