«Arte reclusa», una mostra e mille segni per ritrovarsi

«Arte reclusa», una mostra e mille segni per ritrovarsi
È un'opera buffa con mille segni, lo psicometronomo. Strumento usato per scandire un tempo diverso intorno a problemi comuni. «Largo bipolare»,...

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È un'opera buffa con mille segni, lo psicometronomo. Strumento usato per scandire un tempo diverso intorno a problemi comuni. «Largo bipolare», «adagio fobico», «moderato ansioso», «medico allegro», «presto le gocce», «prestissimo skizzato»: ironia spinta sulle terapie, il ritmo quotidiano consiste nel tentare di accettare una certa condizione, ma il motivo riproduce per immagini anche lo stigma, quello che colpisce al cuore. C'è una tigre, ad esempio, disegnata su un lato dell'oggetto in esposizione al Maschio Angioino, ed è il simbolo della temuta pericolosità sociale dei sofferenti psichici. Sono loro, autori costretti a qualsiasi forma di reclusione, psicologica e fisica, che presentano oggetti e dipinti della collettiva «ArteReclusa/LiberaArte». Oggi, l'inaugurazione nell'Antisala dei baroni. «Un'occasione per valorizzare talenti e potenzialità all'ombra del disagio», dice orgogliosa la psichiatra dell'Asl Napoli 1 Centro, Rossana Calvano, che partecipa all'allestimento della mostra, visitabile fino al 14 aprile.

Il logo è firmato dall'artista Lello Esposito e realizzato in ceramica in una struttura sanitaria di Marcianise. Altri lavori arrivano dalle carceri di tutta la Campania, dai centri di riabilitazione dei dipartimenti di salute mentale e dal laboratorio creativo nella Biblioteca nazionale. Tra i soggetti più suggestivi, un Pierrot dell'istituto penitenziario di Secondigliano, tre marionette delle detenute di Pozzuoli, il «Naufrago» recuperato alla foce del fiume di Castel Volturno, una casa circondata dalle «voci» fatta recapitare dalla cooperativa L'Aquilone che accoglie ex reclusi in ospedali psichiatrici giudiziari.
 

Una sola opera non ha ancora titolo, ma il cartello che avvisa: «Aiutaci a trovarne uno». È l'ultima creazione del gruppo Zoone di Scampia distintosi per l'installazione nel metrò cittadino e i carri del Carnevale di Gridas che, al suo interno, propone già tre soluzioni: «Indiano del Gesù», suggerisce Gennaro Muto, tra i partecipanti della prima ora ai corsi; «Penetrazione», rilancia il compagno Francesco Maione. «Colori azzeccati» è l'indicazione del maestro Gennaro Farinaro, allenato a guardare le cose «con la periferia dell'occhio».


Sostenitori del progetto: la storica dell'arte Aurora Spinosa, il sociologo Adolfo Fattori, Amalia Fanelli, coordinatrice della commissione con Calvano e Lello Esposito che ha selezionato le opere. Promotore è lo psichiatra Adolfo Ferraro che punta a «fare luce su una zona definita grigia, ma in realtà carica di colore che è caratterizzata dalla possibilità di raccontarsi». Così «il confine diventa luogo», e «ci si apre alla ricerca di ciò che non si conosce perché in ombra (precluso) o perché non visibile in condizioni ordinarie». Esprimersi può essere l'occasione per ritrovarsi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino