Arzano, manifesto di minacce al comandante anticlan: «Eroi? No, è lavoro ma ci sentiamo soli»

Arzano, manifesto di minacce al comandante anticlan: «Eroi? No, è lavoro ma ci sentiamo soli»
«Sarò morto solo tra qualche giorno, a dare retta a quel manifesto. Ma anche dopo continuerò a fare il mio lavoro», ironizza il comandante della Polizia...

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«Sarò morto solo tra qualche giorno, a dare retta a quel manifesto. Ma anche dopo continuerò a fare il mio lavoro», ironizza il comandante della Polizia municipale Biagio Chiariello mentre nel suo ufficio, con un cellullare bollente che non smette di vibrare e i vigili che affollano la stanza, cerca di organizzare i turni di servizio per il resto della giornata. Con un poco di ritardo, visto che è appena tornato dai carabinieri per formalizzare la denuncia contro i «soliti ignoti» che hanno affisso il manifesto funebre dedicato a lui proprio fuori l'ingresso del comando.

La camorra fa sul serio. Dopo le minacce di morte, ora un atto intimidatorio più grave. Cosa sta succedendo?
«Sicuramente è un atto intimidatorio molto pesante, la risposta alle attività che come corpo di polizia locale abbiamo messo in pratica sul territorio, toccando quella sorta di cattedrale del male che è il rione 167. Un tentativo eclatante, non nuovo, per destabilizzare con la paura e il terrore quello che di buono stiamo facendo. Quelle frasi sul manifesto sono le stesse che mi hanno detto in faccia, nel corso dei controlli sugli occupanti abusivi degli alloggi, in quel rione capeggiato da incalliti criminali».

Come reagisce a queste continue e sempre più gravi minacce? È preoccupato?
«La prima volta, quando arrivò una lettera al Comune, non ho dato peso a chi augurava la mia morte. Era segno che stavamo operando nel verso giusto, quello della tolleranza zero contro ogni forma di illegalità. Però vorrei sottolineare un aspetto. Noi non siamo eroi, non facciamo cose eccezionali, ma solo il nostro lavoro. Il corpo di polizia municipale che dirigo opera per lo più controlli amministrativi. Che diventano eccezionali solo perché non venivano effettuati da circa cinquant'anni. E che creano rabbia tra quei criminali che si sentono scoperti, e ai quali creiamo problemi. Ma sì, certo che ora un qualche timore l'abbiamo. Sa perché? Perché siamo soli, soli, soli».

Lo ha ripetuto per ben tre volte. E così pesante questo senso di solitudine?
«Sì! Passi una minaccia, poi ne arriva un'altra. Dopo di che mi aspettavo che nel corso dei controlli amministrativi le forze dell'ordine sul territorio collaborassero con noi. E invece ho avvertito quasi un senso di fastidio, mai esplicitato ma che aveva il significato del tipo: ma ora che ti metti a fare. Non mi aspettavo di certo che mi dicessero bravo, non lo avrei accettato, facciamo il lavoro di polizia locale. Ma neanche di creare fastidio. Per questo provo sconforto».

Non ha quindi collaborazione dalle forze dell'ordine sul territorio?
«I rapporti sono di collaborazione. Le forze dell'ordine sul territorio hanno problemi di organico e fanno quello che possono, io chiedo la loro collaborazione solo quando è necessaria per l'incolumità dei vigili. Altrimenti agiamo da soli».

E Arzano come reagisce all'invasività della camorra?
«Manca la sinergia. Occorre fare squadra. Occorre che tutti, parrocchie, associazioni, e naturalmente il Comune, facciano la loro parte. Tutti devono agire con più celerità. La camorra corre come un'auto di Formula Uno. Noi, Stato compreso, li rincorriamo con la bici, al massimo con un motorino. Il nostro comando da un anno e mezzo è sprovvisto di un sistema di videosorveglianza, da poco hanno ripristinato l'illuminazione che è quella che è. Ho vigili che sono sulla soglia della pensione, sono loro i veri eroi. Ecco, questo è il mio motorino che cerca di acchiappare l'auto di Formula Uno».

Di fronte al suo manifesto di morte, ha pensato di andare via da Arzano?
«Continuerò a fare il mio lavoro. Non andrò via e non mi fermerò, anche se dovessi proseguire nelle stesse condizioni di adesso».

E cioè?


«L'ho detto, senza mezzi, con pochi uomini. Praticamente lasciato solo».
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Il Mattino