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«Con le buone o le cattive» fu il diktat, a cui seguì la richiesta di rivolgersi alla malavita foggiana per dare una punizione esemplare all’ex marito. Viviana Pagliarone avrebbe voluto far ammazzare il padre di suo figlio per le denunce ricevute in sede di separazione.
Così si era rivolta al 51enne Franco Di Pierno, conosciuto nello studio legale dove la 39enne, originaria di Roma, da qualche tempo lavorava come avvocato. A lui avrebbe fornito anche le foto dell’ex marito, il 35enne maggiore della Guardia di Finanza di Napoli Gabriele Agostini e dell’auto che qualche settimana dopo è stata fatta esplodere con una bomba nei pressi della casa della vittima in via Bellavista, a Bacoli.
Un omicidio commissionato dopo accese controversie per l’affidamento del figlio di 2 anni, che il maggiore aveva visto, presso la casa dei suoceri a San Vito Chietino, per l’ultima volta due giorni prima del tentato omicidio. Iscritta al foro di Foggia, la Pagliarone faceva la spola tra lo studio e la provincia di Chieti dove viveva in seguito alla fine della relazione con l’ufficiale in servizio presso il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Napoli.
Proprio nell’ufficio dell’avvocato foggiano sarebbe arrivata la richiesta della donna che avrebbe detto a Di Pierno di intervenire «con le buone o le cattive» per indurre il suo ex compagno «a più miti consigli» nella gestione della procedura per l’affidamento del figlio. Una storia agghiacciante, che riporta alla mente la vicenda che ha portato alla morte del calciatore Denis Bergamini per il quale, dopo 35 anni, la Corte di Assise di Cosenza ha condannato a sedici anni di carcere l’ex fidanzata Isabella Internò per omicidio premeditato.
Prima dell’attentato Agostini avrebbe avuto anche un’accesa discussione proprio con l’avvocato presso il quale lavoravano la sua ex e il fratello di quest’ultima per una denuncia della donna risalente al 2021. Secondo quanto riferito dal finanziere, il legale lo avrebbe minacciato di informare i vertici della Guardia di Finanza in merito alla sua condotta nella diatriba per l’affidamento del piccolo. Tra ex moglie e marito, infatti, era in corso una battaglia a colpi di carte bollate iniziata all’indomani della nascita del loro unico figlio. È quanto emerge dall’inchiesta svolta dai carabinieri del nucleo investigativo di Napoli che hanno fatto luce sull’attentato ai danni dell’ufficiale Agostini. «Lei cercava di impedirmi di vedere il bambino» aveva raccontato il finanziere il giorno dopo il tentato omicidio da cui era scampato.
Per ammazzarlo era stato collocato un ordigno con un kg di esplosivo nel vano della ruota di scorta della sua Lancia Delta. Secondo le indagini che hanno portato all’arresto della donna e dei tre complici, fu il 46enne imprenditore vinicolo Ciro Salvatore Caliendo a confezionare la bomba e a fornire a Di Pierno il telecomando per azionare la detonazione. L’esplosione fu talmente potente che un pezzo del vano della ruota dal peso di oltre mezzo chilogrammo, fu rinvenuto a 65 metri di distanza dalla vettura.
Caliendo, tra l’altro, è anche indagato per omicidio volontario in relazione alla morte della moglie, Lucia Salcone, deceduta in un incidente stradale il 27 settembre a San Severo. Nei confronti di Di Pierno, invece, arrestato un anno fa in quanto ritenuto l’esecutore materiale del tentato omicidio del maggiore della Finanza, il pubblico ministero ha chiesto una condanna a dieci anni di carcere durante l’ultima udienza del processo presso il Tribunale di Napoli.
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Il Mattino