Babygang contro la polizia a Napoli: cinque minori identificati ma non rischiano nulla

Babygang contro la polizia a Napoli: cinque minori identificati ma non rischiano nulla
Sono almeno cinque i volti del gruppo di giovanissimi teppisti responsabili dell'assurda aggressione agli agenti del Reparto Mobile della Questura sui quali si concentrano le...

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Sono almeno cinque i volti del gruppo di giovanissimi teppisti responsabili dell'assurda aggressione agli agenti del Reparto Mobile della Questura sui quali si concentrano le indagini della Polizia di Stato. Il video registrato la sera di venerdì 17 da uno smartphone e diffuso poi dal consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, mostra con chiarezza i profili della baby gang che ha dato l'assalto agli agenti con pietre e petardi. Era la sera in cui - a Napoli, e in particolare al Borgo Sant'Antonio Abate - tradizionalmente si appiccavano i cosiddetti fuocarazzi, una pratica che consiste nell'accensione in strade e piazze di fuochi che finiscono spesso con il creare anche incendi di grosse dimensioni. Ebbene, gli investigatori sarebbero ad un passo dalla identificazione dei protagonisti di quell'assalto. Il lavoro degli esperti della Polizia Scientifica, che hanno esaminato fotogramma per fotogramma, avrebbe consentito di dare un nome e un volto a quei giovanissimi scalmanati. Sebbene intorno alle indagini sia calato un comprensibile riserbo, gli sviluppi investigativi confermerebbero anche il dato che a minacciare e colpire i poliziotti sia stato un branco composto interamente da minorenni: soggetti con ogni probabilità di età addirittura inferiore ai 14 anni, e dunque non imputabili. Se questo è vero, nei loro confronti non potrebbe scattare nemmeno una denuncia. In ogni caso il coordinamento dell'inchiesta è destinato ad essere assunto dai magistrati della Procura per i minori di Napoli.


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Intanto il quartiere teatro dell'incredibile aggressione non ci sta e intende dimostrare che la stragrande maggioranza dei residenti si dissocia dai comportamenti di un manipolo di piccoli delinquenti, chiedendo anche più sicurezza e legalità. Presto, anche grazie all'intervento dello stesso Borrelli, al Borgo Sant'Antonio Abate scenderanno in piazza. «Siamo rimasti male per il video - dichiarano alcuni commercianti del Borgo - il nostro mercato non è solo questo. È un video che ci ha fatto tanto male. Non credevamo ai nostri occhi. Siamo contenti di partecipare alla manifestazione ma non vogliamo essere lasciati soli, come troppo spesso accade. Vogliamo vedere in quanti sono disposti a metterci la faccia. Questo è un quartiere difficile che ha bisogno di risposte che puntualmente non arrivano da parte delle istituzioni, adesso basta, vogliamo i fatti».

«Inviteremo anche i rappresentanti delle forze dell'ordine che, loro malgrado, sono rimasti coinvolti in questa storia che offende l'immagine della città - conclude Borrelli - A loro va la mia piena solidarietà e la stima per il lavoro che svolgono quotidianamente».
 
«È inguardabile quella scena dello Stato che indietreggia per scelta di fronte alla disobbedienza, alla beffa, alla violenza, all'affermazione della più totale disobbedienza», dichiara Valter Mazzetti, segretario generale dell'Fsp Polizia di Stato. «Quale messaggio è arrivato ai cittadini? - prosegue Mazzetti - I poliziotti aggrediti hanno ricevuto il plauso di molti, a partire dal questore, per la loro lucidità, e noi ci uniamo al coro perché sappiamo bene come certe situazioni possano degenerare e come sia delicato gestire la strada. Ma quell'immagine è l'emblema di una realtà scomoda ma innegabile: a Napoli ampie zone sono terra di nessuno, e i tanti napoletani onesti sono i primi a saperlo e a subirlo in silenzio, quasi con rassegnazione».

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Sulla vicenda fa sentire la propria voce anche Stefano Paoloni, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia. «Vergognoso quanto avvenuto a Napoli - afferma - È inammissibile che tanta delinquenza si senta legittimata a sovrastare chi in quel momento rappresenta lo Stato ed è lì per far rispettare la legge. Questo accade perché non vi è più rispetto nei confronti delle istituzioni e perché vi è la consapevolezza di restare impuniti e non fare nemmeno un giorno di carcere».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino