OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Durante l'interrogatorio aveva ammesso di aver diagnosticato disturbi dello spettro autistico al figloletto consultando internet. E sempre attraverso i motori di ricerca si sarebbe documentata sulla pena che rischiava in caso di omicidio del bambino. Nelle parole chiave cercate su Google con il suo telefonino, secondo l'accusa c'è tutta la premeditazione di un terribile delitto, che vede come vittima Francesco, un bimbo di appena due anni e mezzo. È stata fissata prima di Natale l'udienza preliminare per Adalgisa Gamba, la 41enne di Torre del Greco accusata di aver soffocato a morte il figlio con del tessuto forse un indumento per poi calarsi nel gelido mare d'inverno insieme al piccolo ormai privo di vita.
La terribile vicenda risale alla sera dello scorso 2 gennaio, quando i carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre del Greco furono chiamati a intervenire in spiaggia, dove la donna era stata inizialmente soccorsa da due ragazzi presenti in zona. Nelle prime battute, le indagini coordinate della Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituti Bianca Maria Colangelo e Andreana Ambrosino) erano indirizzate verso l'annegamento, che però è stato smentito dall'esame autoptico eseguito sul corpicino di Francesco dal medico legale Antonio Sorrentino insieme all'anatomopatologa Tiziana Antonucci. Nei polmoni del bimbo non c'era acqua e nella trachea erano stati ritrovati filamenti vegetali, del tessuto, dunque la causa della sua morte era dovuta ad un soffocamento «meccanico». Così, la Procura oplontina ha disposto ulteriori indagini, in parte affidate anche ai carabinieri del Ris di Roma, che hanno analizzato quei campioni confermando che si trattava di filamenti di tessuto. Tra i nuovi elementi a corredo dell'accusa, anche il contenuto del cellulare della 41enne: la donna aveva perso in acqua il telefonino, recuperato poi dai sub nei giorni successivi e sottoposto a perizia tecnica per il recupero dei dati.
Un anno fa, durante le feste di Natale, la donna è l'accusa avrebbe maturato la decisione di uccidere suo figlio Francesco, il giorno prima di una visita pediatrica per l'impegnativa da presentare a uno specialista. Il gesto sarebbe stato premeditato e messo in atto nel tardo pomeriggio di quella domenica, quando il papà di Francesco tornò a casa e si accorse che Gisa e il piccolo non c'erano. L'uomo si mise sulle loro tracce, chiedendo anche l'intervento delle forze dell'ordine perché forse già temeva il peggio. Dopo ore di ricerche, tutti si ritrovarono su quella spiaggia: la moglie era in mare, adagiata su uno scoglio con il bimbo ormai privo di vita. «Me lo hai ucciso» aveva urlato l'uomo in spiaggia. Subito ascoltato in caserma insieme ad altri testimoni, tra cui i due ragazzi che avevano soccorso con lui Gisa e riportato il corpicino di Francesco a riva, il marito aveva confermato senza mezzi termini ai carabinieri che la donna «lo aveva premeditato». Al termine di dieci mesi di complesse indagini, le conclusioni della Procura sono arrivate alla stessa tesi.
Leggi l'articolo completo suIl Mattino