Biologi marini al capezzale del Mediterraneo invaso da «specie aliene» che arrivano dal canale di Suez

Biologi marini al capezzale del Mediterraneo invaso da «specie aliene» che arrivano dal canale di Suez
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Undici scienziati di caratura internazionale e quarantadue studiosi di biologia marina provenienti da tutta Italia e da Egitto, Tunisia, Turchia, Grecia, Francia, Regno Unito, Spagna, Estonia, Israele sono riuniti a Ischia per discutere e trovare soluzioni su uno dei temi più scottanti dell’ecologia marina del terzo millennio: la «bioinvasione» di specie aliene nel Mediterraneo. Organizzato dalla Stazione zoologica Anton Dorhn di Napoli con il centro ischitano di Ecologia del Benthos, il meeting scientifico è stato finanziato dai fondi europei «Euro Marine» per trovare soluzioni possibili a un problema in costante crescita, legato alla tropicalizzazione del nostro mare. «Stiamo lavorando alla ricerca di possibile misure di gestione e mitigazione del fenomeno, soprattutto in rapporto al recente raddoppio del canale di Suez da parte del governo egiziano», sottolinea Maria Cristina Gambi che ha curato il confronto e che stasera chiuderà i lavori con la collega Bella Galil del National Institute of Oceanography, di Haifa, in Israele. Il nodo non riguarda l’ormai evidente presenza di strani granchi e meduse; e del tossico Pesce palla maculato nei nostri mari – per la pesca accidentale del quale la Guardia costiera ha diffuso nei mesi scorsi un vademecum ad hoc, utile a prevenire i rischi – ma anche per la minaccia rappresentata dall’occupazione dell’habitat da parte di nuove alghe e vermi. Nel golfo di Napoli lo scenario è in continua mutazione. «Le specie aliene censite da noi ad Ischia sono ben 16 – sottolinea Maria Cristina Gambi - ed alcune con carattere invasivo come le macroalghe Caulerpa cylindracea, Asparagopsis armata; o il polichete Branchiomma bairdi ed il briozoo Amathia verticillata. Ma abbiamo di recente anche una segnalazione del Pesce flauto (Fistularia commersonii), che è un altro chiaro segno di come ci stiamo progressivamente tropicalizzando».
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Il Mattino