Blocco dei licenziamenti, la sfida delle aziende di Napoli: «Via subito i dipendenti»

Blocco dei licenziamenti, la sfida delle aziende di Napoli: «Via subito i dipendenti»
«Il governo ha imposto lo stop ai licenziamenti ma all'ispettorato del lavoro arrivano molti dipendenti che segnalano di aver comunque perso il posto. Si tratta,...

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«Il governo ha imposto lo stop ai licenziamenti ma all'ispettorato del lavoro arrivano molti dipendenti che segnalano di aver comunque perso il posto. Si tratta, ovviamente, di provvedimenti che si profilano illegittimi o nulli»: a lanciare l'allarme è il direttore interregionale dell'ispettorato interregionale del lavoro, Renato Pingue che spiega: «Normalmente a pronunciarsi sull'illegittimità di un licenziamento è la magistratura, ma in questo momento di grande tensione sociale noi convochiamo le parti per cercare di spiegare a tutti la normativa assumendo anche un ruolo di mediazione. Lo facciamo proprio perché sappiamo che la situazione è estremamente difficile per tutti per i lavoratori come per gli imprenditori. Prima che si arrivi al contenzioso tentiamo la strada della riassunzione, magari accompagnata dalla cassa integrazione. E alle imprese spieghiamo che altrimenti rischiano grossi risarcimenti e comunque una sentenza che riaffermi la nullità del provvedimento».

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Nella normativa varata in epoca Covid il blocco dei licenziamenti è uno dei provvedimenti avversati con maggior forza dagli imprenditori, ed evidentemente qualcuno ha deciso di andare avanti ignorandolo, nonostante l'impegno dell'ispettorato del lavoro: «In qualche caso siamo riusciti a far rientrare la decisione del datore di lavoro. Ma molte altre volte non abbiamo ottenuto risultati. Qualcuno ci ha risposto: Non ci interessa di quello che succede dopo, noi non abbiamo nemmeno le lacrime per piangere. E allora abbiamo dovuto alzare le mani». L'ispettorato, per aiutare i datori di lavoro a mettersi in regola con le norme anticovid, ha anche organizzato diverse videoconferenze specifiche per i diversi settori di attività. In questo modo, spiega Pingue, è stato possibile ridurre il tasso di inosservanza delle misure anticontagio dal 70 al 30 per cento incentivando la ripresa delle attività nel rispetto delle ordinanze nazionali e regionali e dei protocolli di sicurezza. 

Naturalmente chi licenzia assume un comportamento illegittimo che può essere spia di altre irregolarità: segnali che spesso danno origine a ispezioni: un rischio concreto che viene spesso ignorato. Chi ha l'acqua alla gola non si preoccupa del futuro, ma solo dell'oggi e cerca tutti gli escamotage possibili per tirare avanti. E lo trova nelle pieghe della norma. Attualmente si può licenziare o per giusta causa o per cessazione dell'attività. Spiega il segretario regionale della Cgi Nicola Ricci: «Da settembre i nostri uffici legali hanno avuto un centinaio di contatti. In tre casi si è trattato di licenziamenti per giusta causa. Molto più spesso i dipendenti sono stati messi alla porta da imprenditori che hanno chiuso bottega. Ma a volte lo stop delle attività è fittizio: si chiuse l'azienda e si riprende con un nome diverso e un differente codice fiscale riassumendo solo parte dei lavoratori». Fatta la legge, trovato l'inganno.

E in epoca Covid chi ha la possibilità di intascare un po' di euro è pronto ad accettare qualunque compromesso. Per molti la cassa integrazione diventa un'opzione da fortunati. Ottenerla invece si essere licenziati è un grande traguardo anche se poi bisogna aspettare mesi per intascare l'assegno e la riassunzione è tutt'altro che certa. Insomma ci si trova sulla soglia del licenziamento. Ma intanto si ha la certezza di mettere il pane a tavola: meno di quello che si metteva prima, ma pur sempre qualcosa. 

La Campania, secondo i dati raccolti nel rapporto Inps presentato ieri, è una delle regioni dove tra Cassa integrazione, cassa integrazione in deroga e fondi di solidarietà sono state autorizzate dal primo aprile al 31 agosto 158 mila ore, molto meno di altre regioni. Ma se si rapporta il numero di imprese che ha fatto ricorso all'ammortizzatore sociale tra marzo e giugno con il numero di aziende che pagavano contributi a febbraio 2020 ci si accorge che la nostra regione ha un indice del 61,1 per cento. Dieci punti più della Lombardia.

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Il Mattino