Oro, Ferrari e villa a Capri: è caccia ai fondi neri portati all'estero del manager di Alma

Soldi, tanti al punto da dover utilizzare dei trolley per trasportarli, e lingotti d'oro, quadri e opere d'arte, gioielli e Rolex, auto di lusso e yacht, ville e casolari,...

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Soldi, tanti al punto da dover utilizzare dei trolley per trasportarli, e lingotti d'oro, quadri e opere d'arte, gioielli e Rolex, auto di lusso e yacht, ville e casolari, anche da venti stanze. Quello che i finanzieri hanno sequestrato a Luigi Scavone e Francesco Barbarino, i due amministratori di fatto della Alma spa, coinvolti nell'inchiesta su una frode fiscale milionaria, è un patrimonio di grande valore ma non sarebbe tutto il tesoro che, per gli inquirenti, gli indagati avrebbero accumulato negli ultimi anni. Si cercano fondi neri all'estero. Intanto sia Scavone che Barbarino, in carcere dal 26 marzo, si stanno sottoponendo a interrogatori investigativi che non sono ancora conclusi, e non si esclude che nuovi sequestri possano essere eseguiti in futuro.


Nel frattempo si fa la stima di ciò che è stato sequestrato in questa prima fase dell'indagine che coinvolge amministratori e consulenti, a vario titolo accusati di una maxi evasione fiscale. L'inchiesta, nata da un controllo dell'Agenzia delle Entrate e arrivata a una svolta seguendo i flussi di denaro movimentati con sofisticate operazioni finanziarie, è stata battezzata non a caso «Accolli d'oro».
 
I soldi in contanti ammontano a 5 milioni di euro, quelli rintracciati sui conti correnti a 17 milioni e 300mila euro. Sono cifre importanti, ma diventano poca cosa se rapportate ai milioni che risulterebbero sottratti all'Erario. La Procura (pm Mariasofia Cozza e Sergio Raimondi, coordinati dal procuratore Giovanni Melillo e dall'aggiunto Vincenzo Piscitelli) contesta una frode fiscale da 70 milioni di euro nei soli anni di imposta dal 2015 al 2017. È per questo che, oltre ai soldi, sono finiti sotto sequestro anche una serie di beni, tutti di considerevole valore, che in questi anni hanno reso agiata e lussuosa la vita degli indagati numeri uno. E a nulla sarebbero valsi gli stratagemmi utilizzati per intestare beni, come auto e yacht, a società del gruppo imprenditoriale. I finanzieri del nucleo di polizia tributaria, guidati dal comandante Domenico Napolitano, hanno indagato meticolosamente per ricostruire i movimenti economici che avrebbero fatto parte del meccanismo illecito arrivando al sequestro, oltre che dei capitali, anche di 16 immobili, inclusi una villa a Capri, una a Sperlonga e un casolare a Santa Maria Capua Vetere da 20 stanze; un parco auto, tutte di top class, composto da Ferrari, Mercedes, Bmw e Land Rover; uno yacht lungo più di 17 metri; lingotti d'oro per oltre 5 chili e circa 190mila euro; un centinaio tra opere d'arte, orologi e gioielli. In casa degli indagati sono stati recuperati quadri di arte moderna, tra cui opere firmate da Andy Warhol, Francesco Musante, Franz Borghese, Mario Schifani, Christophe Mourey. E inoltre anelli e collane di brillanti e orologi di pregio, tra i quali 60 Rolex.


Gli inquirenti accusano i vertici di Alma di aver evaso le tasse accumulando ricchezze enormi, e tutto utilizzando il meccanismo delle indebite compensazioni di imposta. In pratica, alcune società, formalmente estranee al gruppo ma di fatto riconducibili agli indagati, creavano un credito Iva inesistente mediante fatturazioni ad hoc. Successivamente questo credito veniva ceduto alle compagini operative del gruppo con un contratto di «accollo» nel quale il credito Iva fittizio veniva certificato da professionisti abilitati compiacenti. Infine, le imprese del gruppo Alma azzeravano i loro carichi tributari e contributivi utilizzando in compensazione il falso credito Iva acquisito attraverso gli atti di accollo. Questo meccanismo avrebbe non solo consentito l'evasione fiscale ma anche permesso alla società, leader nel settore del lavoro temporaneo, di realizzare partnership con i principali gruppi imprenditoriali nazionali della grande distribuzione organizzata. Ecco l'accusa dei pm, da cui gli indagati dovranno difendersi.
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Il Mattino