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I video dello stupro di gruppo di Caivano messi in vendita in esclusiva su Telegram. C’è anche quest’altro scempio nell’intricata vicenda delle violenze sessuali di gruppo a due ragazzine di 10 e 12 anni, e che da una settimana tiene tutto il paese con il fiato sospeso, e portato a superare il livello di guardia delle tensioni nel Parco Verde. Che ieri, una volta tanto, è stato tirato a lucido. Con una raccolta di rifiuti straordinaria. Con gli incroci presidiati dalle pattuglie di tutte le forze dell’ordine, esercito compreso. E con le aiuole sfalciate, senza più erbacce e senza più siringhe. Un maquillage di facciata, che non darà al presidente del consiglio Giorgia Meloni, la vera impressione dell’animo e della vita di questo posto difficile e degradato.
E difficile e complessa si presenta l’indagine sullo stupro di gruppo, coordinata dalla procura di Napoli Nord per i maggiorenni coinvolti, al momento due, e da quella dei Minori, con il numero di indagati che potrebbe lievitare proprio grazie alle analisi tecniche sui cellulari, iniziate solo da poche ore e affidate dalla procura di Napoli Nord all’ingegnere Giuseppe Testa, specialista nel settore che ha già svolto un incarico simile nelle indagini sulla morte del piccolo Giuseppe Dorice, ucciso a bastonate dal compagno della madre Toni Essobti Badre, condannato all’ergastolo in corte di assise d’appello insieme alla donna.
Altre persone potrebbero essere identificate dalle analisi tecniche sui cellulari delle due vittime. In particolare quello della ragazzina più grande, che avrebbe inviato alcuni video girati da lei stessa, con atti autoerotismo. E in questa torbida vicenda c’è da registrare l’intervento dello zio di una delle vittime, costretto a scendere in strada dall’incalzare delle mamme del Parco Verde. L’uomo, visibilmente scosso, tanto da tentare di aggredire un fotoreporter, ha smentito minacce della camorra. Anzi. «La camorra, che io qui non vedo, dovrebbe stare dalla parte delle bambine e nostra, perché noi siamo vittime e non dovremmo essere minacciati noi, ma altri. Magari quelli che hanno fatto violenze alle bambine». Incalzato dalle domande, l’uomo ha aggiunto di non sapere «quando sono iniziate le violenze», ma che «i genitori dovevano controllare di più quello che facevano le loro figlie. Questa storia - ha continuato - finisce per sporcare di più chi abita qui. Già è un problema presentarsi a un colloquio di lavoro: quando dici che abiti nel Parco Verde, nove volte su dieci resti con le mosche in mano. Quindi scrivetelo voi giornalisti, che quelli del Parco non c’entrano».
Dichiarazioni choc. Non contento, l’uomo ribadisce che se sua figlia fosse stata violentata, non sarebbe andato a fare la denuncia. Avrebbe risolto in altro modo. E giù applausi. Sia dai “napoletani”, che risiedono nel Parco Verde, che dai residenti delle palazzine popolari Iacp, dove sono morti in circostanze violente Antonio Giglio, tre anni, e Fortuna Loffredo, sei anni, e dove sono stati registrati ben sette casi di pedofilia.
Il Mattino