Calunniarono Cantone: chiesta una condanna di sei anni per i capi dei casalesi Iovine e Bidognetti

Calunniarono Cantone: chiesta una condanna di sei anni per i capi dei casalesi Iovine e Bidognetti
ROMA - Nel 2008 diffamarono e calunniarono l'attuale presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, e il procuratore di Reggio Calabria, Federico...

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ROMA - Nel 2008 diffamarono e calunniarono l'attuale presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, e il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. Per questo i pm di Roma hanno chiesto una condanna a sei anni di reclusione per i capi storici del clan dei Casalesi, Antonio Iovine e Francesco Bidognetti e il legale di quest'ultimo Michele Santonastaso. A tutti sono contestati i reati aggravati dal metodo mafioso.




Il procedimento, nato a Napoli e giunto a Roma per competenza perché sia Cantone sia De Raho erano in servizio alla Dda di Napoli all'epoca dei fatti. I fatti risalgono al marzo di sette anni fa quando Santonastaso, nel corso di un'udienza del processo d'appello Spartacus, il maxi-procedimento ai danni dei Casalesi, lesse a nome dei due boss (non presenti in aula) una memoria in cui veniva messa in dubbio la serietà dell'inchiesta chiedendo, quindi, il trasferimento del dibattimento per legittimo sospetto. L'avvocato di Bidognetti, sempre riferendo parole dei boss, prese di mira anche lo scrittore Roberto Saviano e l'allora giornalista del Mattino, Rosaria Capacchione, dichiarazioni al centro di un altro processo attualmente in corso a Napoli. La lettera diffamatoria nei confronti dei magistrati conteneva espressioni minacciose e accusava i pm «di essere in cerca di pubblicita'». Nella requisitoria, durata circa 6 ore i pm, riferendosi al proclama letto in aula da Santonastaso, lo hanno definito il modo scelto dal clan dei Casalesi «per ribadire i punti di un programma criminale che prevedeva di zittire la stampa, intimidire i giudici, fare terra bruciata intorno ai pentiti e convincere altri a non entrare tra i collaboratori di giustizia».
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Il Mattino